Assente il figlio.

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‘Glory Box’, di Geoff Barrow (‘Portyshead’) ha accompagnato gli applausi conclusivi di ‘Agamennone’, per la regia di Davide Livermore e co-prodotto con il ‘Teatro Nazionale’ di Genova.    57° Stagione ‘Teatro Greco’ Siracusa 17 maggio – 9 luglio 2022, a cura della Fondazione I.N.D.A. Istituto Nazionale Dramma Antico   www.indafondazione.org               

 

“…non è qui presente il figlio : lui che ratifica il mio, il tuo patto d’amore. Pure, doveva, Oreste.” [1]

Che l’altro passi a fantoccio affettivo, anzi che offrire appuntamenti sanzionabili fa di Clitennestra il prototipo dello schiavo.

 

 

Un grammofono antico occupa, non per sbaglio, il primo piano del palcoscenico di ‘Agamennone’ : anzi ricopre egregiamente il suo ruolo di supporto fondante la memoria – per nulla fantastica – che visiva si fa, ma potendo a quella uditiva appoggiarsi.

D’altra parte, appena oltre la gradinata del Teatro c’è quella caverna scavata, pare, su progetto di Archimede, e nota ormai come ‘Orecchio di Dioniso’ dal nome del tiranno che, pur restando altrove, poteva ascoltare amplificato fino a sedici volte il parlare di chi vi si trovava all’interno.

Cosa amplifica, allora, e distorce e devia il silenzio oscuro di una voluta assenza che è la rimozione, accantonamento con sostituzione lesta e furtiva di una memoria divenuta improvvisamente scomoda ?

Dice anche questo il palcoscenico di ‘Agamennone’, dove il regista ha dedicato una compiuta scena, e tutto il palcoscenico, all’affetto supposto amoroso con cui la disgraziata Clitennestra[2], ardente di consensi e di successo, allontana da palazzo il giovane principe Oreste in un’opera ad altri dedicata. Eschilo[3], tuttavia, nel testo originale porge appena sfumata quella decisione.

 

“Non ti sorprenda : lo cresce un tuo fratello d’armi, cortese, Strofio di Focide.”[4]

 

Ci si chiederà cosa ricordi Oreste di quel materno allontanamento che la regina compie – dice lei - per proteggere lui, erede al trono di Argo.

E non sfugge la contemporaneità con cui la mitologia vuole che, solo poche ore prima, il giovanissimo Astianatte venisse precipitato dai nemici Achei giù dalle mura di Troia in fiamme perché non ne diventasse il re.

Eschilo accamperà la sregolatezza delle divine ‘Erinni’[5] per riuscire ad occupare lo spazio della ragione umana rimasto vacante : ed il persistente sonoro sulla scena, non più e non solo sottofondo, che a tratti arriva persino a coprire la recitazione, bene si rende funzionale invece alla docilità con cui i personaggi, antichissimi ed attuali, possono farsi ‘oggetto’ di un Fato superiore che tutto sovrasta, ma che tutto anche de-imputa.

“Ho goduto nel sangue”, dopo la strage afferma al pubblico con ampi gesti Clitennestra, cui lo spettro vendicativo e sornione di Ifigenia vittima sorride compiaciuto col pugnale in mano. L’altro, qui, non ha certo il posto di partner : e nella sua assenza, che è già rimozione, gli umani si condannano a far tutto da sé, crimini compresi, ma questi allora ammessi e giustificati nella pia sottomissione ad una più alta, astratta Giustizia che arriva a servirsi di come l’umano sappia s-catenare ogni comune vendetta.

 

“ ‘Io devo! E così sia bene.’

Poi si strinse sul collo le stanghe del fato,

deviò la sua mente su una rotta contraria,

di sacrilega, oscena empietà : fu la svolta

 che lo spinse, di dentro ad osare l’estremo.” [6]

 

Insostituibilità - assai dubbia per chi legge questo testo pur durissimo – di una vendetta risolutrice indica dunque Eschilo in ‘Agamennone’, facendo tuttavia di questa opera solo un prologo di quel che verrà.

Davide Livermore[7] ne riporta  invece il valore alla libertà umana di una scelta ancora schiava, che non si schioda da quella vendetta : e l’opera risulta chiarificatrice della intera trilogia.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 1 agosto 2022

 

[1] Clitennestra giustifica ad Agamennone l’assenza del loro figlio Oreste. Cit. : ‘Agamennone’, p.63 in “Eschilo. Orestea” con testo originale, traduzione dal greco di Enzo Savino – Garzanti Editore SpA (1998).

[2] Clitennestra confessa ad Agamennone di aver tentato il suicidio in assenza di lui.

[3] Eschilo (525 a.C. – 456 a.C.) fu uno dei massimi poeti tragici (‘Prometeo incatenato’, ‘I Persiani’, ‘I sette contro Tebe’, ‘Le Supplici’, ‘Orestea’ – ‘Agamennone’, ‘Coefore’, ‘Eumenidi’). Crebbe ad Eleusi, centro misterico vicino ad Atene, combattè a fianco degli Ateniesi, tecnicamente innovò la tragedia introducendo il secondo attore nel dialogo col Coro. Dopo il successo de ‘L’Orestea’ (458 a.C.) si trasferì in Sicilia ed a Siracusa. 

[4] E’ ancora Clitennestra, giustificandosi ad Agamennone per l’assenza del figlio. Cit. : ‘Agamennone’, p.63 in “Eschilo. Orestea” con testo originale, traduzione dal greco di Enzo Savino – Garzanti Editore SpA (1998).

[5] ‘Coefore’ ed ‘Eumenidi’, le due tragedie successive che completano ‘L’Orestea’ sono dedicate alla furia delle ‘Erinni’ ed al loro addomesticamento nobilitato in favore degli umani che le rese, quali ‘Eumenidi’, titolari di uno specifico culto.

[6] Il Coro riporta il pensiero e le parole di Agamennone nell’atto di sacrificare la primogenita Ifigenia Cit. : ‘Agamennone’ pp.22-23 in “Eschilo. Orestea” con testo originale, traduzione dal greco di Enzo Savino – Garzanti Editore SpA (1998).

[7] Davide Livermore è regista di opera e prosa dal 1998, avendo fin da giovanissimo ricoperto i moltissimi ruoli del mestiere teatrale. Ha inaugurato le ultime quattro stagioni del ‘Teatro alla Scala’ di Milano (‘Attila’ di G. Verdi, 2018-2019; ‘Tosca’ di G. Puccini, 2019-2020; il Concerto ‘A rivedere le stelle’, sostitutivo a causa della pandemia da Covid19; ‘Macbeth’ di G. Verdi, 2021-2022). Dal 2019 ha diretto per il ‘Teatro Greco’ di Siracusa : ‘Elena’ di Euripide (2019), ‘Coefore’ ed ‘Eumenidi’ di Eschilo (2021), ‘Agamennone’ ed ‘Orestea’, di Eschilo (2022). Dal 2017 collabora con la ‘Royal Opera House Muscat’ in Oman.