Entrare in scena.

Conversazione con… Elena Polic Greco[1].

 

 

Deliziosa protagonista in ‘La Pace’[2] di Aristofane nella felice stagione appena conclusa al ‘Teatro Greco’ di Siracusa, Elena Polic Greco è stata anche una delle figlie di Oceano – oltre che Corifea e responsabile del Coro - nello spettacolare ‘Prometeo incatenato[3], a conclusione di un serrato anno di docenza in accademia che è la ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ di Siracusa : il 29 settembre prossimo sarà di nuovo impegnata a Taranto col regista Daniele Salvo in ‘Gli Spartani’[4], un testo moderno di Barbara Gizzi.

“Sapevo ben poco all’inizio della ‘mia’ Accademia, che è stata la ‘Silvio D’Amico’ a Roma, dove sono nata : ormai mi muovo tutto l’anno, per lavoro, tra Roma e Siracusa. Forse però del teatro sapevo qualcosa in più rispetto ai compagni, perché spesso avevo seguito mia madre in tournée… Ma ora ero curiosissima, una spugna, avevo sete di sapere, di conoscere il passato, di mettere ordine in quello che già sapevo di cinema e di teatro : e capivo che anche quello che fino ad allora conoscevo di me non era sufficiente, recitare mi richiedeva molto di più…

Ho imparato che un attore può essere timido, ho avuto Maestri che mi hanno generato domande e curiosità sul teatro, e quello che è accaduto in me è stato straordinario : ho scoperto il canto, la sua ricchezza di suoni e di possibilità, e ho ritrovato il mio corpo – l’avevo perso da ragazzina, il corpo, perché ero convinta di non essere adeguata fisicamente… I miei Maestri mi hanno dimostrato che non era vero e ancora adesso mi ritrovo a ringraziarli, perché il corpo è fondamentale nel nostro lavoro, ed è il corpo stesso che genera il suono quando viene messo in gioco.

Ho cominciato a cambiare e a cercare, a non arrendermi, ad approfittare persino dei miei fallimenti per conoscermi e conoscere l’altro da me. Ho imparato ad ascoltare, e persino a ridere di me…”

Lei pensa che fare teatro sia terapeutico ?

“Non mi piace pensare che il teatro sia terapeutico, perché una terapia viene fatta per curare una patologia e non rischierei di confondere le professioni, un terapeuta fa altri studi. Per fortuna il teatro può essere molto sano, ed è la modalità che preferisco. E’ una professione che richiede studio continuo, ed un corpo sano, una mente sana. Il teatro può essere forse terapeutico nel sociale, ma non userei la parola ‘terapeutico’, direi piuttosto ‘utile’, anche se poi sono davvero pochi i finanziamenti pubblici…

Effettivamente il teatro pone anche di fronte a ostacoli, e a ricchezze, che non conoscevamo, che magari volevamo nascondere… Si impara a separare il personaggio, nel quale pure entriamo per conviverci - e con tutte le sue stranezze a volte - dalla persona che invece siamo, con la nostra storia, i contrasti, la memoria al lavoro, la sensibilità… Forse è in tutto questo che recitare ci offre una ‘cura’ perché ci richiede di sperimentare, di rischiare, infine di cambiare.”

Da docente in Accademia, com’è cambiata la sua esperienza rispetto al solo recitare ?

“Insegnare, lavorare con gli allievi mi appassiona, è stata una scoperta… L’altro, in questo caso, è qualcuno che si avvicina alla tua stessa vocazione : ancora più profonda esperienza è guardare ed ascoltare lui, o lei, mettere l’uno e l’altra a proprio agio, soprattutto nella difficoltà. Il suono, per esempio, è una esperienza oggi molto trascurata : al suono si dà poca importanza e l’allievo deve essere indirizzato nella sua scoperta.

E d’altra parte proprio in Accademia nascono improvvise nuove passioni – ci sono stati nostri allievi che sono ora eccellenti cantanti lirici. Nei miei anni di studentessa di accademia avevo scoperto, e subito mi ero appassionata, alla nostra bella lingua italiana ed al suono meraviglioso del nostro parlare.

Il difficile è che spesso l’uso del parlare quotidiano - ormai è molto sintetizzato - e la ricerca del ‘vero’ che in teatro è bandito per antonomasia, sacrifica il suono a discapito della comprensione delle parole e dei concetti: saper giocare con le vocali e le consonanti, con gli accenti delle parole e i diversi accenti che si possono mettere in una frase, offre molte possibilità alla comunicazione.

‘Bagnare col suono la parola’ io dico, ed è un lavoro che propongo, che ho maturato nel portare avanti la ‘mia’ accademia in questi quattordici anni a Siracusa : ‘imparare’ un italiano dimenticato come si impara una lingua nuova, attraversando i testi di Alfieri, Tasso, Ariosto per la recitazione e di Metastasio, secondo il metodo di Nicola Vaccaj, per il canto o Monteverdi con il ‘recitarcantando’. E torniamo ad imparare a parlare per poter cominciare a ‘parlare in scena’, fino ad entrare, a ‘contaminare’ - si può dire ? - il nostro quotidiano.

La parola allora si fa suono significante senza più cantarla, si fa tridimensionale attraverso il suono, completamente nuova : ma arrivare a comprendere quanto la parola - e quale parola - sia necessaria per veicolare un messaggio, ci vuole tempo, non è affatto immediato, ci vogliono anni…”

Qual è il traguardo ?

“Non conviene farsi prendere da vaghi traguardi ‘esterni’ e anche questo è difficile, per gli allievi e forse in generale nel nostro lavoro. Per me è necessario avere un sogno, ma sapere che cosa si vuole fare, a quale obiettivo mirare: è una delle cose che chiedo di scrivere, e di tenere sotto analisi ai miei allievi; i sogni spesso sono irrealizzabili ma belli da immaginare, mentre chiarirsi ciò che si vorrebbe essere è importante per aggiustare il tiro di un mestiere che coinvolge totalmente la vita di ciascuno di noi. Poi il teatro è allenamento, pratica, studio, anche insuccesso e perfino fallimento, e scavare al fondo di sé stessi non è un gioco, non bisogna farsi male : gli errori però offrono quella chance che avevamo trascurato… Fino a che si arriva a quel ‘sentire’ che va bene, un agio che ti rende leggero, incredibilmente potente e quasi felice, vorresti solo ripeterlo.

L’applauso segue, convinto : il premio magari no, passa per vie molto particolari. Ecco, sono convinta che sia necessario intraprendere l’accademia non come ‘una risulta’, una scelta residuale ma come una opportunità per scoprire un talento e dargli una chance di lavorarci senza risparmio, con intelligenza.

A volte in classe bisogna essere capaci di rassicurare, magari c’è l’attaccamento al brutto ricordo di essere stati ‘zittiti’ perché cantando o ballando si faceva ‘rumore’, o si era ‘stonati’ e lì si è rimasti.  Quando invece l’allievo conosce la musica o canta, deve essere rassicurato perché quello che già possiede non verrà perduto, non verrà dimenticato: perché questo spesso temono gli allievi… Dunque anche tanto lavoro perché arrivino a fidarsi! Poi c’è la soddisfazione, che per me è assistere alle scoperte che fanno studiando, e contagiandosi l’un l’altro, è soddisfazione sentire le loro voci cantare nei corridoi, nel cortile dell’Accademia, perfino nei vicoli di Siracusa!”

Due opere di Aristofane sono state portate in scena quest’anno : ‘La Pace’ del 421 a.C. per il ‘Teatro Greco’, e ‘Lisistrata’ del 411 a.C., saggio conclusivo degli allievi del III anno : c’è un collegamento fra i due testi ?

“Forse il collegamento più evidente è l’urgenza di ritrovare la pace : ma quello meno scontato e spesso inosservato è di chi muove l’urgenza, sono i contadini che fanno fruttare la terra ne ‘La Pace’ e le donne invece in ‘Lisistrata’, perché generano i figli. Quanta tristezza c’è in ‘Lisistrata’, quanto anche lei è collegata alla natura e come, anche lei, risolverebbe tutto partendo dall’amore, dalla unione, dalla saggezza. Lisistrata, così come Trigeo ne ‘La Pace’, si rende finalmente conto che è necessario intervenire per evitare il peggio. Per questo anche dicevo che il teatro può avere una funzione sociale.”

Quale parte ha la memoria nel recitare, e come si coltiva ?

“La nostra memoria collabora e si oppone al tempo stesso : ci sono frasi, suoni, che all’improvviso vengono in superficie mentre ‘sei’ quel certo personaggio sulla scena, ogni attore lo sa e ci sono differenti modi per ‘fare memoria’. Sono molto legata alla sequenza di movimento sulla scena che studio con precisione matematica, così come faccio con lo studio del testo, mi creo degli appuntamenti che fisso con la ripetizione : il personaggio comincio quindi a costruirlo già mentre studio, ma è il regista che mi aiuta a fargli prendere forma, e lavorare col regista vuol dire anche arrivare a modificare un proprio metodo. Ma sempre più spesso il periodo per le prove si accorcia e quindi la preparazione deve essere molto più intensa per poter arrivare alla prima prova con la memoria pronta…

Diventare complici del proprio personaggio è indispensabile, poi le battute vengono spontanee ed è un piacere! Ne ‘La Pace’ di Aristofane, dove impersonavo proprio ‘la Pace’, il regista non voleva concludere con una ‘gaia’ festa come previsto, forse un po’ crudelmente, dall’autore antico : Daniele Salvo voleva invece esprimere preoccupazione, e anche paura, il monito per un mondo che insiste ad occuparsi di guerra, per avidità e predominio. Così il mio monologo finale è stato tratto da ‘Le Fenicie’ di Euripide (410 a.C.), dove Giocasta parla ai figli Eteocle e Polinice. C’è una frase che mi è rimasta nel cuore, e che forse dovremmo ricordare osservando quello che ci accade intorno ogni giorno : ‘Figli miei, voi correte incontro ad un duplice disastro : perdere tutto ciò che possedete, e cadere mentre cercate di prendervi ciò che non avete’.”

L’applauso prolungato del pubblico, il successo evidente e forse sorprendente di questa interessante edizione teatrale riporta bene, invece, alla realtà di una esperienza quotidiana e nota in cui pochissimi sostengono il molto lavoro richiesto per fare civiltà. 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 19 settembre 2023

 

 

[1] Elena Polic Greco si è diplomata nel 1999 alla Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ di Roma (fra i suoi Maestri Mario Ferrero e Vittorio Gassmann) : voce soprano, si è perfezionata in Canto presso A.N.A.D. ‘Silvio D’Amico’; la sua fluenza in inglese, spagnolo, francese le ha permesso di essere chiamata (2017-2023) alla traduzione simultanea in lingua  inglese degli spettacoli in scena al Teatro Greco di Siracusa durante la Stagione teatrale. Nel 2021 ha ricevuto il premio RFA come miglior attrice nel cortometraggio ‘Tragodia’ (Cinema, ‘Ortigia Film Festival’) : fra altre, la sua partecipazione in ‘Bianco e Nero’ di Cristina Comencini (2007) e ‘Quale amore’ di Maurizio Sciarra (2005). Con l‘Orestiade’ di P.P. Pasolini (2008) ha cominciato a recitare nelle Rappresentazioni Classiche al Teatro Greco di Siracusa, fino alle più recenti ‘Prometeo incatenato’ e ‘La Pace’ (2023), ‘Edipo Re’ (2022), ‘Le Baccanti’ (2021), ‘Le Troiane’ (2019), ‘Fedra’ (2016), ‘Le Supplici’ (2015), ‘Coefore ed Eumenidi’ (2104), ‘Antigone’ e ‘Le Donne al Parlamento’ (2013), ‘Prometeo’ e ‘Gli Uccelli’ (2012), ‘Le Nuvole’ e ‘Andromaca’ (2011), ‘Lisistrata’ e ‘Fedra’ (2010), ‘Le Supplici’ (2009). Presso la Accademia ‘Silvio D’Amico’ a Roma è stata assistente alla cattedra di Canto per la M. Claudia M. Aschelter (2003-2007) e Docente di canto corale (2017); sempre a Roma per la LUISS è stata docente di Dizione ed Educazione della Voce (2016-2020). A Siracusa, presso la Accademia d’Arte del Dramma Antico I.N.D.A. è dal 2010 docente di Canto, Dizione e Recitazione e dal 2020 anche Referente Didattica con ruolo di coordinatrice dei progetti esterni con allievi e docenti, svolgendo inoltre attività teatrali nelle scuole per conto di I.N.D.A. Dal 2013 collabora col Liceo ‘Quintiliano’ di Siracusa in qualità di esperto esterno.

[2] ‘La Pace’, di Aristofane (421 a.C.), produzione I.N.D.A. www.indafondazione.org Regia: Daniele Salvo; Traduz.: Nicola Cadoni; Scene : A. Chiti e M. Ciacciofera; Costumi : D. Gelsi; Musiche originali : P.M. D’Artista; Direz. Cori cantati : Elena Polic Greco (Corifea e dea Pace nel monologo finale) e Simonetta Cartia. Interpreti principali :  Giuseppe Battiston, Massimo Verdastro, Simone Ciampi, Martino Duane, Jacqueline Bulnès, Elena Polic Greco, Federica Clementi, Gemma Lapi. Con la partecipazione degli Allievi della ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ di Siracusa.

[3] ‘Prometeo incatenato’, di Eschilo (460 a.C.) a cura di I.N.D.A. Istituto Nazionale del Dramma Antico, regia di Leo Muscato - Stagione teatrale 2023 / ‘Teatro Greco’ di Siracusa.

[4] ‘Gli Spartani’, di Barbara Gizzi – Regia di Daniele Salvo, Progetto Speciale MIC 2023, Taranto 29 settembre 2023 ‘Corte del Mudi’ Museo Diocesano, Vico Seminario 1. Costumi: Daniele Gelsi. Interpreti: Massimo Cimaglia, Giuseppe Sartori, Valeria Cimaglia, Elena Polic Greco, Giulia Sanna.