Noelle.[1]

‘Grand’, quarta di copertina. Noelle McCarthy (2022) Penguin Random House New Zealand.

 

 

 

E’ un sapere l’ammissione, non più ritrattata, della propria nascita, che una giovane donna espone nella forma di racconto : non è quindi una narrazione, facile facile, senza imputazioni. 

Noelle è il nome scelto dalla madre Carol per la figlia, e poi dalla madre stessa quel nome mille volte ritrattato ogni volta che Noelle si avvicina, guardandola da presso, rammentandole la scelta del suo nome. Noelle è nata, ma non è mai ancora nata.

Noelle è piccola sempre, sempre un passo indietro rispetto alla madre ma se resta bambina senza partner, la malinconia della madre finalmente è rimossa. Perché è proprio la questione del partner che fra loro due non è ammessa, un partner si farebbe portare in giudizio.

Una protezione non più vitale per la figlia, al contrario protegge il pensiero della madre dalla ipotesi di inadempienza : chiede solo di restare ‘Grand’.

Eppure la parola più usata nel libro può essere riferita anche al ‘crescere, al diventare grandi’ : Noelle ad un tratto la usa così e senza clamore, ma è già adulta ed in procinto di partire per Auckland, in Nuova Zelanda, da Cork, in Irlanda, dove ‘grand’ è l’apriori, il semplicissimo, l’indiscutibile, ciò che è stato che è e che sempre sarà. La facilità di una pretesa che è irreale – quella che ‘nessuno all’infuori di me’ – Noelle la raccoglie per ri-mettere al posto giusto tutti gli ‘altri’, che pure erano entrati nella sua vita ed in fretta da lei ritrattati e poi sterilizzati perché la logica non poteva avere accesso : la realtà ha un sapore ben diverso da quello desiderato nell’assenza di partner.

Il sapore fa grandi. 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 10 aprile 2023

 

 

[1] Devo il mio commento alla conversazione con una giovane donna che mi ha offerto il libro : l’occasione è quindi anche per ringraziarla.