Perchè fa tanto orrore ?

Illustrazione originale di Stefano Frassetto (5).

 

 

“Perchè fa tanto orrore l’idea che il rimuovere è una esperienza del mentire ?“ (1) 

Mi pare tuttora adeguata la citazione da Giacomo B. Contri a proposito di un’esperienza comune, l’angoscia : di cui si viene a sapere molto presto, nella prima infanzia cioè e verso cui una prima difesa, altrettanto diffusa comune e purtroppo svantaggiosa è la rimozione dell’esperienza che suscita l’angoscia.
Il talento eccezionale della pittura di Edvar Munch,  e di pochi altri (2), è quello di aver saputo – è il caso di un potere del pensiero – risalire l‘origine dell’angoscia, sciogliendola fino a tessere una difesa più vantaggiosa della rimozione.

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a tremare ed io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura…“ (3)

Nella forma di un’allucinazione visiva che allontana la realtà, Munch descrive in un appunto del  diario la sua esperienza di ‘ritorno del rimosso‘,  soddisfazione temuta e combattuta quindi insostenibile… La rimozione, insomma pur così praticata resta irresoluta e tuttavia minaccia l’individuo, e la sua stessa integrità anche fisica. 

Il dipinto del 1893 appartiene alla maturità di Munch che aveva quindi già sviluppato una competenza non solo sul mezzo ma anche sulla propria relazione con esso. Egli aveva intuito nel dipingere, a cui gli capitò di applicarsi una via privilegiata e del tutto personale, ma nettamente alternativa, all’angoscia. A scuola si accorse di eccellere solo in fisica, chimica e matematica e scelse di perfezionarsi presso la ‘Scuola di disegno‘ di Oslo e poi alla ‘Scuola d’Arti e Mestieri‘ di Christiania nel 1881 : ma probabilmente fu l’incontro con Hans Jaeger (4), scrittore peraltro non eccelso ma caratterialmente opposto al riservato e solitario Edvar che diede a Munch il ‘la‘ di una favorevole e, di nuovo, assolutamente personale intuizione.

Si trattò per Munch di un reale cambio di rotta, e per nulla effimero verso una sincerità che non conosceva ma che lo avvicinava alla ragione delle sue sottomissioni, e che gli indicava con precisione e con scioltezza dove correggere gli errori del passato, e l’ingenuità del suo pensiero che ora si rendeva correggibile : nel lavoro di Munch, nelle sue ripetizioni numerose di alcuni quadri e non solo de “L’urlo“ è evidente che il suo interesse non è il plauso del pubblico.

Nessun intento pedagogico infatti nelle sue opere, nessun tentativo di ‘spiegare‘ allo spettatore, il quale potrebbe immaginare qualunque cosa davanti ad un suo quadro… Il suo intento evidente è di arrivare a toccare il groviglio che sta vivendo per dipanarlo risolutamente, senza indugio e senza scrupolo.

L’angoscia sfocia nell’orrore quando non viene elaborata, Munch aveva assistito a questi epiloghi persino nella sua famiglia, e si era reso conto che non si trattava mai di un destino inamovibile…

Con una lucidità da eccellente chirurgo si costruì un percorso di lavoro assolutamente personale e favorevole, non riproducibile se non nella sua percorribilità.


Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 26 ottobre 2019


 

(1) Giacomo B. Contri, 1985 SIC Edizioni ‘Lavoro dell’inconscio e lavoro psicoanalitico‘
(2) Dedicherò un editoriale a Renè Magritte, pittore belga vissuto fra il 1898 e il 1967 considerato uno dei massimi interpreti del surrealismo.

(3)  Qui si tratta di un ricordo, che Munch arrivò a riportare sulla cornice di una delle quattro versioni de “L’urlo“, quella del 1895. “L’urlo“ (1893) è un’opera esposta alla ‘Galleria Nazionale‘ di Oslo. Edvar Munch (Loten, Norvegia 1863 – Oslo 1944). 
(4) Hans Jaeger, 1854-1910 scrisse “Fra Kristiania-Bohemen“ (1885) divenne famoso per le sue crude polemiche con la cultura norvegese più che per il suo valore effettivo di autore e scrittore.

(5) Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’.