Ricostruire la città, un lavoro in tre.

Screenshot dal film ‘The hurt locker’ di Kathryn Bigelow (U.S.A. 2008): il bambino Beckam riesce a parare un calcio di rigore, vincendo la scommessa col sergente americano Jones.

 

 

 

 

Ricomincio da Petra[1], città antichissima mai dimenticata, anche se oggi i turisti ci vanno in visita con ‘tour’ organizzati che raccontano anche quello che non verrebbe in mente di chiedere.

In una pausa di lavoro mentre si girava “The hurt locker”[2], a Petra con altri della ‘troupe’ è andato anche l’attore Guy Pearce, il sergente Matt Thompson, e primo artificiere E.O.D.[3] ad entrare in scena. Ammette con sorpresa : “Qui la gente ti guarda, non perde nulla di quello che fai… Da noi in Occidente c’è disinteresse.”[4]

Il lavoro di un tecnico E.O.D. è apprezzato fra i militari, ma molto anche da chi laggiù ci abita e che le bombe se le ritrova letteralmente in mezzo alle gambe uscendo per strada, sotterrate appena da vecchio asfalto smangiato e da ciottoli di pietra : ma nello stesso tempo è un lavoro combattuto, razionalmente e con Coscienza da chi quelle bombe vuole che esplodano davvero, e chi c’è c’è!! ‘Maledetto il Paese che ha bisogno di eroi’ è l’inquietante sottotitolo del film, ed un tecnico E.O.D. non è un eroe, infatti.

“Volevo descrivere il disordine della guerra… “, dice Kathryn Bigelow, regista intelligente e capace secondo gli stessi attori del film, ed anche prima donna in assoluto premiata con l’Oscar nel 2010 come migliore regista. “E volevo ricostruire ‘quella’ passeggiata, di un uomo solo che va a disinnescare la bomba, in mezzo alla città. Volevo che lo spettatore facesse con ‘lui’ quella passeggiata… Se ci sono riuscita, era questo il mio traguardo.”

“Ho potuto farmi appena un frammento di idea di un E.O.D.” - confessa Jeremy Renner, che nel film è il sergente artificiere E.O.D. William Jones - “Ho scritto pagine e pagine - dice - per entrare, per poter capire… A che cosa serve il cinema se non a provocarti un pensiero o, meglio ancora, più pensieri anche in conflitto, che non avevi entrando, prima del film ? Oppure paghi 11 dollari solo per divertirti, ed esci come prima… ” Il film ci conduce attraverso una storia-cronaca surreale e volutamente realistica ma mai facile, sadica.

Beckam è il bambino da cui il sergente Jones acquista al mercato i video-giochi per distrarsi dopo una missione. “…Mi chiamo Beckam”[5], gli risponde infatti con la spavalderia di chi, già a dodici anni sa che al ‘nemico’ non bisogna mai, ‘mai’, dare le proprie generalità : accetta la scommessa di Jones e vince i cinque dollari promessi per parare quel calcio di rigore.

Ed è Beckam stesso ‘the hurt locker’, ‘il custode di ciò che fa male’ e che per i militari americani è anche la cassetta in cui restano gli oggetti da restituire alla famiglia quando un soldato muore.

Beckam, il bambino nelle mani dei ‘suoi’ scaltri adulti, è ormai agonizzante infatti quando Jones e la sua squadra lo trovano su un improvvisato tavolo operatorio in un capannone abbandonato : qualcuno dei ‘suoi’ gli ha malamente inserito l’ordigno nel piccolo petto e lui sta morendo, dissanguato ed inutile alla Causa, perché anche ‘quella’ bomba verrà disinnescata dal ‘nemico’ artificiere. Ma Jones, dopo ‘questa’ missione non riesce a ripartire.

Da solo, per strada s’immagina di riportare il bambino alla famiglia – che non c’è : o almeno a ritrovare chi ha voluto trasformarlo in un corpo-bomba, come lo chiama lui stesso. E invece telefona alla moglie che gli risponde dagli Stati Uniti con in braccio il loro bambino di pochi mesi… Non riesce ad articolare parola, ma è la voce della moglie, è la ‘sua’ casa, è qualcosa.

Il mercante sudicio lo lascia davanti ad una casa borghese, arredata all’occidentale : Jones entra come un ladro e si trova di fronte il padrone di casa, elegante, professore dal nome incomprensibile, che dice di conoscere molte lingue ed invita il sergente americano ad accomodarsi, è un ospite sì ? Ma ‘di Beckam no, non sa niente…’

Nella sua cassetta sotto la branda, insieme a frammenti degli ordigni disinnescati - ottocentosettantasei ne aveva contati – il sergente americano conserva anche l’anello del matrimonio. “Lei è fedele…” confessa ai compagni che gli chiedono.

E lei è anche l’unica a cui, tornato a casa negli Stati Uniti dopo la missione che non lo obbliga a tornare laggiù può dire : “Hanno pochi artificieri…”. E lei, di nuovo, capisce.

Se la guerra è una droga come si legge nei commenti ufficiali del film, qui sono due i linguaggi ed i messaggi offerti allo spettatore, uno dei quali però – e davvero grave – può continuare a rimanere criptato, rimosso o volutamente incomprensibile a quanti nemmeno avranno applaudito perché la storia è poco sensazionale poco catastrofica poco emozionante…

Ed è che la guerra è consolatoria, la vera ‘droga’ consolatoria di quanti non fanno un passo per costruire la pace nelle proprie vite ed ai quali una città, e la gente che ci vive non interessano, se non come oggetti da tenere, o di cui disfarsi.

Le mani pensano, infatti : nessun umano, nemmeno artificiere esperto potrà mai essere un robot.

                                                           

                                                                                                     Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio domenica 7 giugno 2020

 

 

 

[1] Petra, ‘La Variopinta’ come era chiamata anticamente per i colori vivaci dei suoi strati di roccia, si trova tuttora in Giordania, a sud di Amman : al centro di una vasta zona desertica dove l’unica acqua è di origine piovana, possedeva una rete idrica eccezionale di cisterne e canali scavati nel sottosuolo che i Romani usarono come strumento di pressione per arrivare a sottometterla. Fu abbandonata nell’VIII secolo e ‘riscoperta’ solo nel XIX secolo. Della città di Petra si parla nei ‘Manoscritti’ di Qumran’, fra le più antiche copie superstiti dei libri biblici (il 40% dei documenti identificati) che risalgono al periodo 150 a.C.-70 d.C. : ritrovati in Cisgiordania solo fra il 1947 ed il 1956 essi testimoniano del tardo giudaismo, cioè della Civiltà ebraica successivamente alla distruzione del secondo Tempio, che fu già ricostruzione del tempio di re Salomone.

[2] Presentato nel 2008 in anteprima a Venezia in occasione della ‘Mostra internazionale d’arte cinematografica’, ‘The hurt locker’ ha vinto nel 2010 ben sei Oscar come miglior film, migliore regìa (Kathryn Bigelow), migliore montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, migliore sceneggiatura originale (Mark Boal, giornalista).

[3] E.O.D., è acronimo per ‘end of discussion’ (‘il caso è chiuso’, ‘non voglio sentire altro’) oppure ‘end of day’, per indicare qualcosa che deve concludersi nella giornata. Ma nell’Esercito indica un tecnico volontario esperto nello smaltimento di ordigni esplosivi (Explosive Ordnance Disposal) : la squadra ‘Bravo Company’ nel film è composta da tre militari, due di appoggio e tiratori, ed un artificiere E.O.D. che da solo va a disinnescare la bomba, o le bombe.

[4] I frammenti di dialogo qui riportati sono tratti dal ‘backstage’ del film.

[5] David Beckam (Londra, 1978), premiato come 2°miglior calciatore al mondo nella graduatoria F.I.F.A. 1999 è tuttora quasi una icona per molti giovanissimi appassionati.