Umbra mentis.

‘Caravaggio Napoli’ è il titolo della mostra svoltasi a Napoli presso il Museo di Capodimonte, fra il 12 aprile ed il 14 luglio 2019.

 

 

 

‘Caravaggio’[1] è già famoso quando arriva a Napoli nel settembre 1606, e nonostante il trasferimento da Roma sia piuttosto una fuga per sfuggire alla giustizia[2].

Capitale internazionale e non provincia, Napoli accoglie Caravaggio come un onore e le famiglie notabili gli commissionano subito quadri importanti, soprattutto per chiese cittadine.

‘Flagellazione’ è un tema frequente nella Cultura dell’epoca : ‘Flagellazione di Cristo’ viene commissionato a Caravaggio dal magistrato Tommaso de’ Franchis, per la chiesa di S.Domenico Maggiore[3]. E lui sorprende di nuovo, staccandosi nettamente dalla Cultura irrompente  - che peraltro conosceva a fondo e da cui era stato finemente educato  - con un precedente che si rivelerà assoluto nella Cultura europea : ‘Flagellazione’ si pone infatti come spartiacque rispetto alle  sovrastanti influenze fiamminghe le quali insistono, pur dopo il Concilio di Trento (1545-1563), su un Cristo non umano, sublimazione e distanza dall’ingombro di un corpo-zavorra col suo carico di sofferenza.

Ma il Cristo di questa ‘Flagellazione’ (1607) non si allontana di un millimetro dall’uomo in carne ed ossa del Vangelo, non si arrende e nemmeno si ribella alla invidia di chi odia la luce involontaria del suo corpo : tutto è detto nel ritratto magistrale di un volto che soffre senza elemosinare compassione, conosce bene la realtà. E magistrale è anche la descrizione dei due assalitori, evidentemente più vecchi e perfettamente giustificati nella loro ‘jouissance’[4], esausti per la inefficacia complessiva del supplizio che seguirà.

Ed è proprio in quel ‘prima’ infatti, scelto sapientemente, il tempo in cui la luce può ancora illuminare la forza e la perfezione di un corpo robusto, giovane : Caravaggio si rivela eccellentissimo e devoto, in antitesi con la moda contagiosa che arriva dalle Fiandre e che sorride frivola alla eresia, senza riconoscerne il peccato.

‘Umbra mentis’ è la condanna dei due torturatori che operano in una oscurità capace di spazzare via logica e ragione, e ciò per la posizione stessa che essi devono assumere nella geometria di gesti reali : la involontarietà non ingenua dell’umano che per questa via si rende innocente, non può che venire alla luce infatti.

Né volontà né resilienza hanno condotto Cristo fin qui: non è uno stupido, ci dice Caravaggio con competenza assoluta ma senza alcuna emozione. Pochi quadri hanno la capacità di esprimere il bene ed il male dell’umano con così lucida consapevolezza.

Ma non fu per Caravaggio un lavoro facile, ‘di getto’ per così dire, e per come ormai – nella sua maturità - era solito dipingere, incidendo direttamente il disegno sulla tela, a punta di pennello[5]. I ‘pentimenti’ qui, come tecnicamente vengono chiamate coperture e ridipinture[6], indicano la laboriosità paziente dell’artista.

Su questa inimmaginabile e salvifica sortita dell’umano che Cristo è, Freud si interrogò a lungo, trattando con chi soffriva di allucinazioni e deliri : pochi anni dopo aver pubblicato nel 1910 il ‘Caso Schreber’ che definì un caso di paranoia, più che di demenza[7], Freud annotava in una stringata e densissima corrispondenza con l’ambasciatore americano William C.Bullit[8] - che gli chiedeva un parere a proposito della politica pacifista del presidente U.S.A. Thomas W. Wilson, impegnato nelle ‘Trattative di Versailles’ (1919) – come la consapevolezza ed accettazione della realtà siano indispensabili per evitare la follia.

Con la sua interpretazione lucida, rivoluzionaria, non ribelle e di molto precedente le scoperte psicoanalitiche, Caravaggio indica quindi la canagliaggine ombrosa e la frivolezza menzognera responsabili di crimini, perfino dei più odiosi.

 

                      Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 27 marzo 2021

 

 

[1] Michelangelo Merisi, detto ‘Il Caravaggio’ – località fra Milano e Bergamo da cui provenivano i genitori - nacque a Milano nel 1571; morì nel 1610, durante il viaggio del suo ritorno a Roma.

[2] Durante una rissa nel 1606 in città, Caravaggio aveva ucciso d’impeto il suo avversario : a seguito di questo ennesimo reato, egli venne condannato a morte.

[3] S.Domenico Maggiore è una basilica importantissima a Napoli, dove soggiornò S.Tommaso D’Aquino e di cui restano testimonianze : ‘Flagellazione di Cristo’ fu poi spostata al Museo di Capodimonte, dove si trova tuttora.

[4] ‘Jouissance’ è un termine corrente della lingua francese, ma fu introdotto dallo psicoanalista francese Jacques Lacan per indicare ‘povertà’, rivelata anche dall’inconscio. 

[5] ‘Seppellimento di santa Lucia’ a Siracusa (1608) – città nella quale Caravaggio era arrivato di ritorno da Malta – resta un esempio di pittura caravaggesca in cui il disegno che precede il colore è rimasto inciso direttamente sulla tela.

[6] Sulla tela sono visibili tracce di una figura dipinta e poi ricoperta.

[7] “La personalità di Schreber ha opposto una intensa resistenza contro questa fantasia – ‘omosessuale passiva, che ha scelto come proprio oggetto la persona del medico’ (ndr) – e la lotta difensiva che ne è risultata, fra le forme diverse che avrebbe potuto assumere, ha scelto, per motivi che ci sono ignoti, quella del delirio di persecuzione… Il persecutore si scompone, se esaminiamo il delirio nel suo insieme, nelle persone del medico Flechsig e di Dio; a sua volta Flechsig stesso più tardi si scinde in due persone… E’ questo un tratto assai caratteristico della paranoia.”, ‘Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia descritto autobiograficamente. Caso clinico del presidente Schreber’, Sigmund Freud (1910) in ‘OSF. Vol.VI’ Bollati Boringhieri editore Srl (2012), pp.374-376.

[8] “…Questo accrescimento esagerato del Super-Io non è una rarità : la psicoanalisi può affermare che l’identificazione del padre con dio appartiene ai processi normali, sebbene non costanti, nella vita psichica. Ma quando il figlio identifica sé con il padre ed il padre con dio, elevando questa immagine paterna a proprio Super-Io, a quel punto egli sente di avere dio in sé stesso, di diventare egli stesso dio. Tutto ciò che fa deve essere giusto, perché dio stesso lo ha fatto. In alcuni individui, l’importo di libido che va a caricare questa identificazione con dio diventa talmente grande che essi perdono la facoltà di tener conto dei fatti del mondo esterno che la contraddicono. Questi individui finiscono poi in manicomio. Ovviamente, l’uomo il cui Super-Io è costruito su di un simile presupposto e che serba un pieno rispetto per la realtà, qualora possieda delle capacità, può compiere grandi cose nel mondo…”, pp.44-45 ‘Sigmund Freud. Manoscritto 1931 inedito in edizione critica’, a cura e con testi di Manfred Hinz e Roberto Righi – traduzione di Stefano Franchini (2015) ‘lacasa USHER’/ ‘VoLo publisher srl’.