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Conversazione con… Christian Loor Loor.

Intuizione, progetto, realtà : così nasce una impresa.

L’abito che ho scelto per introdurre l’intervista a Christian Loor Loor è “La dama con l’ermellino”, realizzato dal Laboratorio sartoriale di ‘Catena in movimento’, all’interno della ‘II Casa di reclusione di Milano Bollate’ per la Mostra “Leonardo prigioniero del volo” www.leonardoprigionierodelvolo.com presentata recentemente a Palazzo Morando a Milano, ed a cui hanno collaborato “Il Teatro della Moda”, Industrie Ratti SpA, il Comune di Milano e stilisti già affermati. I trenta abiti rimarranno in vendita ‘ad asta pubblica’ fino a fine marzo 2020 : il ricavato sarà devoluto a V.ID.A.S. per il primo hospice pediatrico  in Lombardia./ Riferim. Illustraz.: 0_5443678_125008.png

 

 

Ecco la descrizione dell’abito presentato a Palazzo Morando :

“…Questa opera mi ha colpito per la naturalità e la delicatezza che riesce a trasmettere, qualità che vanno oltre la bellezza.

Cecilia Gallerani, soggetto del dipinto del Maestro, era figlia di un nobile milanese molto facoltoso.

Prendendo lei come musa ispiratrice, ho voluto rendere omaggio sia alla bellezza delle donne milanesi sia a Milano, la città che accoglie questa mostra e in cui Leonardo ha lavorato.

Dal punto di vista tecnico ho disegnato un abito molto semplice, seguendo un taglio a sirena molto lungo e con una semi-campana nella parte inferiore dell’abito. Questa scelta è stata fatta per

sottolineare le forme femminili delle donne.

Ho anche progettato una scollatura da un lato, mentre dall’altro ci sarà una manica sporgente con dettagli realizzati in manipolazione di tessuto e ricami di pietre semi preziose.

Tutto attorno al corpo del vestito si avvolge l’ermellino, come nel disegno. Nella parte davanti dell’abito è stato dipinto il volto della “Dama”.

Il tessuto che ho scelto per questo abito è di seta molto delicata, in color oro lucido.

L’ermellino è stato realizzato in una tonalità più scura e con pelliccia artificiale.

Ho scelto di collaborare per la creazione di questo abito con gli artisti del laboratorio di Artemisia, i quali si sono occupati di dipingere il volto della dama sul tessuto.”

 

L’idea di questa intervista è nata grazie alla conversazione con Christian Loor Loor che si è offerto di guidarmi a Palazzo Morando, fra gli abiti realizzati ed esposti a “Leonardo prigioniero del volo” : mi ha spiegato l’origine di questo Progetto e la straordinaria collaborazione che ne è scaturita fra i giovani detenuti della ‘II Casa di reclusione di Milano Bollate’, gli allievi di “Il Teatro della Moda” e stilisti già affermati che hanno voluto partecipare.

L’idea del progetto è stata infatti di Christian Loor Loor, che ha saputo proporlo alla dottoressa Simona Gallo, funzionario giuridico-pedagogico ed incaricata dal Ministero di Giustizia presso la ‘II Casa di Reclusione di Milano Bollate’ : grazie a Simona Gallo la proposta ha ottenuto l’autorizzazione necessaria per iniziarne la realizzazione.

Regista e reale coreografo dietro le quinte del Progetto, come normalmente avviene nella realtà, Christian Loor Loor ha saputo quindi coinvolgere i compagni del Laboratorio sartoriale da lui già avviato per ‘Catena in movimento’, iniziativa di alcuni detenuti di Milano Bollate nell’ambito di “Giustizia riparativa” prevista dal nostro Ordinamento : ed ha saputo richiamare e trovare collaborazioni all’esterno, quali l’assistenza formativa di “Il Teatro della Moda”, l’offerta di Industrie Ratti Spa che ha fornito tessuti e stoffe al Laboratorio sartoriale, il patrocinio del Comune di Milano e l’ospitalità presso Palazzo Morando fino ad ottenere il raffinato risultato di una Mostra con numerosi partners sociali che si propone di supportare, con il ricavato della vendita ‘ad asta pubblica’ degli abiti il primo hospice pediatrico di Lombardia voluto da V.I.D.A.S., Onlus per l’assistenza gratuita ai malati inguaribili.

 

  1. Com’è nato il titolo della Mostra, “Leonardo, prigioniero del volo ?”

C.L.L. Anzitutto grazie per l'attenzione dimostrata dall'opinione pubblica e da chi è venuto a visitare la mostra, il nostro è stato uno sforzo di quasi 140 persone, sicuramente ognuna di queste persone ha esperienze ricche da raccontare riguardo al proprio impegno nella realizzazione del Progetto.

Noi siamo un gruppo, una squadra di calcio mi viene da dire, il nostro Mister è  la Dott.ssa Simona Gallo. Noi insieme abbiamo scelto di denominare il progetto “Leonardo prigioniero del volo” perché troviamo una relazione diretta tra noi "detenuti", in quanto soggetti in stato detentivo, reclusi, chiusi, etc., e Leonardo da Vinci con il suo sogno, quasi una ossessione di "volare"… Nella nostra esperienza, fin dal primo istante in cui una persona viene arrestata, e quindi messa nello stato detentivo ha un solo pensiero, ricorrente e molto presente nella testa, costantemente… "Avere le ali e volare". Questa fase della detenzione, in cui desideriamo tutti di volare fuori dalla cella detentiva attraverso le sbarre è molto lunga e ci accompagna per anni. Inoltre, abbiamo immaginato la vita di Leonardo da Vinci immerso nella costante ricerca della possibilità e della dinamica del volare, una vita, la sua, quasi vissuta come una prigionia, così ci è sembrato.

 

D Che posto ha, nel quotidiano l’attività creativa – intendendo musica, pittura, danza, poesia, ricamo e altro… ? Distrae e allontana dalla realtà, o aiuta a vivere meglio? In che modo?

Posso parlati delle attività che come gruppo "Catena in Movimento" abbiamo svolto in specifico con questo Progetto : per me, il cucito e il ricamo, all'interno del contesto carcerario può essere paragonato alla poetica narrazione di Penelope. Cioè, mi vedo e vedo i miei compagni di gruppo come "gli uomini Penelope del carcere di Bollate" : sicuramente dedicare ore, giornate, settimane e mesi a questa attività distrae e in certa maniera riusciamo ad ingannare il tempo, come faceva Penelope nell'Odissea di Ulisse, forse però non ci accorgiamo di tutta la ricchezza che tutto questo ci lascia…

C'è chi impara qualcosa di nuovo, c'è chi scopre una passione nascosta, ci sono gli scambi di idee, le interazioni tra di noi, ci sono i confronti con le realtà esterne a noi, ci sono dinamiche che dobbiamo imporci, del tipo : l'impegno e la disciplina per avere i risultati.

Ci sono gli sbagli e gli errori che ci permettono di accettare e capire umilmente quali sono le nostre risorse, i nostri limiti e le nostre debolezze, e soprattutto che cosa dobbiamo fare singolarmente, e come gruppo, per migliorare o per raggiungere gli obiettivi.

Il progetto di ‘Catena in Movimento’, che è stato avviato grazie all'impegno della ‘II° Casa di Reclusione’ di Milano – Bollate e specificamente della Dr.ssa Simona Gallo, la nostra coordinatrice e referente - ci dà la possibilità di mettere in azione queste dinamiche, che formano parte del programma di rieducazione e trattamento, e che ci offre nuove risorse per il nostro reinserimento nelle relazioni quotidiane al di fuori dello stato di detenzione. 

 

  1. Che posto ha il silenzio nella vita quotidiana? Aiuta nel lavoro, oppure no?

Il silenzio è poesia. La narrazione di questo progetto è poetico : quando mi chiedi del silenzio, penso con nostalgia ai momenti in cui osservavo tutti i miei compagni, come in una danza corale, si sono dedicati ognuno nella propria azione specifica a creare gli abiti ispirati a Leonardo da Vinci. Il silenzio per noi, "detenuti" è necessario anche se, purtroppo, abbiamo sempre qualcosa da dire : forse è la sofferenza, o la non soddisfazione di ciò che accade, il non sentirci conformi con tutto ciò che avviene, allora abbiamo bisogno di "manifestare" e quasi "urlare", il nostro pensiero e le nostre emozioni (parlo per me e per i miei compagni di gruppo).

Ogni essere umano trova il sistema, il canale o il metodo di come manifestarsi, noi siamo una catena umana che insieme abbiamo qualcosa da dire : il nostro motto è fare la differenza.

Vorremo essere dei detenuti che facciamo la differenza (in senso positivo), la differenza nella nostra e nella storia in generale del sistema penitenziario, abbiamo iniziato qui a Bollate desiderosi di essere replicati ovunque. 

 

  1. Quali riconosce come Suoi talenti, anche provenienti dal passato ?  Ha scoperto ora nuovi talenti ? Come li sta investendo, usando?

Quando entrai in carcere, il 25 gennaio del 2012, fin dal primo momento dissi a me stesso: "Devo fare da questa situazione una esperienza  ricca e straordinaria, senza immaginare che sarei rimasto dentro tutti questi anni. 

Io vengo da una Scuola di recitazione e Teatro, sono drammaturgo e regista di Teatro : dunque fin da bambino sono alla ricerca del nuovo e dello sconosciuto riguardo all'essere umano e alla nostra società; vivere le esperienze dalle quali io possa creare qualcosa è una necessità di vitale importanza, non potrei vivere se non potessi creare.

Questi otto anni di detenzione sono stati ricchissimi di esperienze, è stata la stagione più produttiva della mia vita come essere umano : ho seminato, ho raccolto annate straordinarie. Ho avuto l'opportunità di smontare il mio "io", pezzo per pezzo e l'ho ricostruito nuovamente, purtroppo sono diventato un gigante.

Ora non sono più "io", sono "noi", e mi piace di più, questo è il talento che ho scoperto in carcere. 

 

  1. In Mostra c’era un abito molto bello con l’applicazione di ruote ricamate : il lavoro di preparazione di abiti così eleganti muove anche la rappresentazione di sé ? In che modo ?

Questo abito è ispirato al sistema meccanico dell'ingranaggi (presentato su www.tutorsalus.net il 7 marzo scorso - ndr) che Leonardo da Vinci inventò : il nostro compagno di gruppo che lo scelse come soggetto di ispirazione per realizzare l'abito di cui mi parli, trovò una relazione filosofica tra "gli ingranaggi" e il suo stato detentivo e il programma di reinserimento all'esterno delle mura carcerarie. Lui vide sé stesso nel movimento delle ruote dell'ingranaggio : infatti, rilevava lui come una piccola rotella spinge le altre rotelline e crea un movimento continuo. Per l'autore di questo lavoro d'arte, ognuno di noi ha degli ingranaggi, in senso rappresentativo, e sono queste rotelline a mettere in atto le nostre azioni che formano il percorso di rieducazione..

 

“Ognuno di noi ha degli ingranaggi…” è l’inizio fecondo di ogni reale lavoro individuale - con profitto, cioè - che la scelta di un partner favorisce, oppure corrompe. La libertà del volo, a parer mio comincia proprio da qui : il mulino delle idee è ‘io’, infatti.

 

 

                                                     Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 21 marzo 2020

 

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