Grand.[1]
Michelangelo Buonarroti pensieroso, a fianco della sua ultima, sorprendente ‘Pietà’ (1552-1564) // Illustrazione originale di Stefano Frassetto.[2]
E’ la comfort-zone della rimozione : la stessa a cui Michelangelo Buonarroti resistette tutta la vita, per seguire il suo talento. Gliene facciamo colpa ?
Avremmo allora rinunciato alla straordinaria intuizione della Pietà[3] in cui è Maria l’accorata, fuori da ogni ruolo, senziente a Cristo, lutto senza malinconia ?
E avremmo rinunciato al guizzo inaspettato di Mosè[4], poderoso e umanissimo nel riconoscere la inutilità della sua collera, e pure di fronte alla ottusa idolatria di quanti gli erano affidati ?
Scegliere faticosamente una materia[5] che già contenga una rappresentanza : ma solo Michelangelo poteva giudicare quel marmo perché nessun altro sapeva cosa lui segnava sul foglio, e cosa lo muoveva e cosa lo rendeva così impaziente, ed ascoltando cosa. Graffiando fino alla incisione, con una meticolosità incomprensibile che lo portava a correggere, a spostare, e poi a togliere togliere toccava finalmente il risultato che soddisfa, un risultato così tante volte conquistato alla tentazione della rimozione che invece lo perseguita sempre.
Ha legalità la rimozione? Michelangelo lavorò tutta la vita all’ombra di questa tentazione, nascondendosene come alla incombenza di un totem che pure sappiamo essere fantoccio, simbolico, nulla. Perché la rimozione esige ingenuità, che non è destino ma ci è tanto cara.
Michelangelo non fu un ingenuo, nonostante una remissività pacificante lo tentasse di continuo.
Aveva smesso di fare lo scultore su commissione, ormai si dedicava solo alla pittura che lo stancava di meno : ma nella testa aveva ancora quella figura di uomo che voleva realizzare, e che riferiva al Cristo morto deposto dalla croce, sostenuto da una donna – la madre, che quasi non aveva conosciuto[6] ? - ed entrambi faticosamente in piedi. Eppure i due che andava cavando fuori dal marmo non erano esattamente quelli che inizialmente aveva immaginato : perché lei incombeva, non proteggeva il figlio, gravava su quell’uomo ormai morto. Michelangelo se ne accorse, quando per l’ennesima volta riprese quel lavoro che non riusciva a finire, ma non arrivò a mentire su una ‘grandezza’ che non aveva conosciuto della madre e la ‘Pietà’, detta Rondanini[7], restò incompiuta : non fu per mancanza di tempo.
La resa del pensiero al mentire della rimozione non tiene conto infatti che persino un dovere a lungo rimandato, ma non ancora giudicato, forse è che può non essere umanamente dovuto.
Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 19 aprile 2023
[1] ‘Grand’ è un romanzo autobiografico di Noelle Mc Carthy, Penguin Random House New Zealand - 2022
[2] Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’. Nel 2022 ha pubblicato la raccolta : ‘35mq: 2012-2022. Dieci anni di inettitudine’.
[3] La ‘Pietà Vaticana’, realizzata da Michelangelo in marmo bianco di Carrara fra il 1497 ed il 1499, è posta nella Basilica di San Pietro in Vaticano, a Roma.
[4] Il ‘Mosè’ fu realizzato da Michelangelo fra il 1513 ed il 1515 e poi ripreso nel 1542 : è posto nella Basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma.
[5] Michelangelo Buonarroti (1475-1564) nacque in un paese delle colline di Arezzo da una famiglia del patriziato fiorentino che versava però in difficili condizioni economiche : la sua passione per il disegno e poi per la scultura gli facilitò l’apprendistato in bottega dove ben presto lo inviò il padre, inizialmente contrariato dalla predilezione del figlio per quell’ ‘arte meccanica’, come veniva chiamata la scultura rispetto agli studi classici. ‘Michelangelo, Carrara e i Maestri di cavar marmi’, di Caterina Rapetti (2002), ‘Quaderni dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale’.
[6] Secondo di cinque figli, Michelangelo rimase orfano della madre a sei anni : fin da piccolissimo fu affidato ad una balia, che apparteneva ad una famiglia di scalpellini e che lo crebbe nell’ambiente dei cavatori del marmo di Carrara dai quali tornava spesso, diventato scultore con committenti, per scegliere personalmente i blocchi di marmo per le sue opere / ‘Michelangelo, Carrara e i Maestri di cavar marmi’, di Caterina Rapetti (2002), ‘Quaderni dell’Istituto di Storia della Cultura Materiale’.
[7] Pietà detta Rondanini dal nome dei Marchesi Rondanini che l’acquistarono nel 1744 per porla nel loro Palazzo a Roma : l’opera non ebbe un committente, in quanto Michelangelo la pensò per la propria sepoltura, lasciandola però solo sbozzata e mai finita sebbene vi avesse lavorato a più riprese fra il 1552 ed il 1564, appena prima di morire. La concezione è innovativa, perché ideata da Michelangelo in verticale. Oggi la si può ammirare presso il Castello Sforzesco a Milano.