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“Sono chi sono!”

“Sono chi sono!”[1]

Appuntamento con la storia, ‘Il Mosè di Michelangelo’[2].

Illustrazione originale di Gianni Russomando.

“Sono chi sono!”[1]

Appuntamento con la storia, ‘Il Mosè di Michelangelo’[2].

 

 

“Anche (la psicoanalisi, ndr) è avvezza a penetrare cose segrete e nascoste in base ad elementi poco apprezzati o inavvertiti, ai detriti o ‘rifiuti’ della nostra osservazione.”[4]

 

 

Il saggio sul Mosè di Michelangelo appassionò Freud al punto da tornarvi ripetutamente e fino a quel ‘L’uomo Mosè e la religione monoteistica’ che fu il suo ultimo libro, pubblicato nel 1939 : aveva iniziato chiedendosi che cosa di quella statua maestosa lo richiamava così fortemente.

Ed era evidentemente qualcosa su cui egli già lavorava, perché il lavoro di Michelangelo offrì a Freud la confezione di un pensiero che poteva essere ripercorso. C’era qualcosa che interrogava Freud e che non sembrava logico nella postura di Mosè, ma non doveva trattarsi di un errore di Michelangelo, già consapevole della sua autorevolezza nell’interpretare un flash storico singolare su cui il Vecchio Testamento non si era pronunciato.

“Se nella figura di Mosè la metà sinistra della barba si trova sotto la pressione dell’indice della mano destra, la cosa può forse essere intesa come il ‘residuo’ di un contatto tra la mano destra e la parte sinistra della barba, un contatto che, in un momento precedente a quello raffigurato da Michelangelo, era assai più stretto.”[5] C’è ancora, infatti, un residuo di furia in questo uomo gigantesco, promotore – e pure contestato - di un esodo che si rivelò infine salvifico : Mosè ha appena saputo che i suoi lo stanno abbandonando, stanchi o forse gelosi dei suoi dialoghi con Dio.

“La furia di Mosè si esprime … in un gesto diretto contro il proprio corpo (l’indice contro la barba, ndr)… In seguito però interviene un cambiamento, la mano protesa … viene ritratta rapidamente, la stretta si allenta… Un attimo ancora e le tavole avrebbero dovuto ruotare sul nuovo punto d’appoggio, toccare il suolo… e sfracellarsi.”[6]

Freud comprese perfettamente che solo una precedente torsione del busto -  di cui Michelangelo lasciava nel marmo il residuo, ciò che restava di quel moto – rendeva logica la immobilità precaria della statua : e commissionò una serie di tre disegni in successione che, come in un video al rallentatore, arrivavano a rappresentare lo studio e la realizzazione di Michelangelo.

La postura, quell’atteggiamento di Mosè, il suo stesso comportamento nella storia insomma non poteva essere compreso nè utilizzato senza che ci si riferisse a quanto immediatamente prima elaborato dall’uomo, ed ora non più visibile per chi lo osservava : la caduta di quella ira doveva essere preceduta dalla considerazione della sua inutilità, del suo danno.

Un ‘accadere psichico’ dunque era in alternativa alla ‘sublimazione’ di Mosè finora tramandata e, nella scienza di Freud, alternativa salvifica al destino patologico di un affetto ignorato : ecco la intuizione di Freud, foriera di un salto qualitativo nella scienza delle pulsioni e peraltro confermata dalle critiche posteriori.

“…La mano destra torna indietro e abbandona la barba… poi la mano riesce a raggiungere il bordo delle tavole e le sostiene… Lo strano insieme (la barba, la mano e la coppia di tavole appoggiate, ndr) deriva da quell’unico movimento appassionato della mano e dalle sue conseguenze ben giustificate…”[7]

“Non getterà via le tavole a infrangersi contro i sassi perché proprio per causa loro ha dominato la sua ira, proprio per salvarle ha frenato la sua passione… Gli risovvenne la sua missione e rinunciò per essa a soddisfare il suo affetto (ira, ndr)... In questa posizione egli rimase immobile, e così lo ha raffigurato Michelangelo, come custode del mausoleo.”[8] 

“Infine Mosè dubita di una propria illimitata autonomia : ammette l’errore, e conseguenze che ha già sperimentato, fino a riconoscere la presenza reale di qualcuno con cui, forse, potrà collaborare”.[9]

 

 

                                 Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 3 giugno 2021

 

 

[1] “Mosè Gesù Freud”, a cura di Giacomo B.Contri, Collana ‘Pensiero di natura’ SIC Edizioni 2007, Nota 3 p.16 : “…Non si può mettere in dubbio che egli (Freud, ndr) non accettava affatto la traduzione dei ‘Settanta’ di quel celeberrimo passo di ‘Esodo’ 3, 14 in cui l’ebraico viene sforzato fino a far dire da parte del Santo a Mosè : ‘Io sono colui che è, o anche : l’essere, o anche : l’essente’, invece che : ‘Sono chi sono!’, così terreno e quotidiano.”

[2] “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020) : nella prima edizione del 1914 fu pubblicato in forma anonima sulla rivista ‘Imago’, diretta da Freud stesso.  Il Mosè nella basilica di San Pietro in Vincoli a Roma è opera di Michelangelo : il progetto, commissionato per quello che avrebbe dovuto essere il monumento funebre di Giulio II, fu iniziato nel 1513 alla morte del papa, e concluso definitivamente da Michelangelo solo intorno al 1542.

[3] Gianni Russomando, note di biografia : “Sono nato a Vercelli nel 1956. Diplomato presso l’Istituto di Belle Arti di Vercelli. Mi definisco un semplice ‘amanuense’. Lontano mille miglia da mostre, concorsi, esposizioni. Utilizzo da poco i social con lo scopo di dare un attimo di serenità in chi guarda i miei modesti lavori.”

[4] “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020), p.37

[5] “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020), p.40

[6] “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020, p.41-45

[7]  “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020, p.46

[8]  “Il Mosè di Michelangelo”, Sigmund Freud (1913-1914) Biblioteca Bollati Boringhieri (1976, 2020, p.48-49

[9]  Mio intervento in aula, in occasione di ‘Letture freudiane col pensiero di natura’, Urbino 2017 – ‘Questioni controverse’/ ‘Meta’ 11 marzo 2017, ‘Il Mosè di Michelangelo’ (S.Freud 1914)

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