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Superbia. O giudizio.

"Johanna Vicecomites Galure comitissa".

 

Illustrazione di Melissa Spandri.

Il testo "Johanna Vicecomites Galure comitissa" è stato pubblicato sulla homepage dell'Associazione culturale "Italia medievale" - www.italiamedievale.org 27 febbraio 2018

 

 

 

Chissà se Freud, venendo a Milano il 14 settembre del 1898, avrà sostato presso quello che fu nel 1300 il Palazzo del Broletto vecchio(1), dove visse un tempo della sua vita Giovanna Visconti(2), ultima Giudicessa di Gallura ed ambita sposa dei Visconti di Milano che per lei non esitarono a passare ad opposta fazione politica, modificando persino lo stemma cittadino. Figlia di Beatrice d'Este e del suo primo marito, Nino Visconti Judex Galure(3), Iohanna Vicecomites fu insignita fin dalla nascita, iusto ereditario iure, quale comitissa Galure et tercie partis regni kalaritani domina(4), con gli stessi poteri di governo del suo nobile padre e dunque alla pari di un erede maschio, come prevedeva il Diritto giudicale. Sebbene vigorosamente insistita da più parti e soprattutto dal nuovo patrigno Galeazzo I Visconti che ne reclamava la lontana parentela e dunque la potestà di maritarla secondo le proprie esigenze politiche, Iohanna si mantenne invece Domina, cioè sovrana e non volle mai passare a dama con tutti gl'ingombranti orpelli di quella frivolezza, servilismo e malinconico ricatto che Freud dovette ravvisare nelle patologie di fine Ottocento, e non solo femminili.
 
Dante Alighieri, che aveva ascoltato la tenerezza di Nino verso Johanna durante colloqui amichevoli a Firenze, la nomina come unica assistente terrena di quel Giudice gentil ancora troppo legato agli affetti della vita. "... Quando sarai di là da le larghe onde / dì a Giovanna mia che per me chiami / là dove a li'nnocenti si risponde..."(5)
 
Quando il padre morì nel 1297, dettando la volontà che il suo cuore fosse sepolto a Lucca presso la Chiesa dei Frati di San Francesco, Giovanna aveva cinque anni e di lì a poco la sua vita avrebbe preso una brusca virata. Da tempo infatti il Duca d'Este e padre di Beatrice Obizzo II, guardava alle vicende del genero Nino con riprovazione, pentendosi di aver ceduto alle richieste della figlia di sposare quel giovane Capitano del popolo e poeta, ben inserito sì nel governo di Pisa ma perseguitato poi, pur se ignobilmente, dalla sua città. Obizzo II seguì con l'occhio gelido del falco le traversìe di Nino, tornato precipitosamente nel 1288 in una Gallura depredata e raggirata dalla stessa amministrazione del Giudicato, affidata al corrotto frate Gomita(6) che il Giudice Giovanni, padre di Nino, già amico di Obizzo II(7) ed alleato vittorioso dei pisani su Cagliari(8), gli aveva affiancato in vita ma che Nino dovette condannare a morte di fronte a sudditi impoveriti e scontenti. Pochi guelfi gli rimasero vicini, quando Nino morì : Obizzo II richiamò imperiosamente la figlia, intimandole lo zio Taddeo di Monteorgiale come tutore di Johanna, diventata improvvisamente erede di un regno potente e strategico, insidiato dalle pretese dei pisani che reclamavano tributi contestati. Lasciando precipitosamente Villa Templi(9), prudente residenza di Nino Visconti, madre e figlia raggiunsero nuovamente Volterra(10), ai cui cittadini Bonifacio VIII raccomandò la infanta Iohanna e la cospicua eredità in pericolo.
 
Promessa con la benedizione paterna a quel Corradino Marchese dei Malaspina(11) che già nel 1305 risultava erede dei Castelli di Bosa, di Osilo e di altri possedimenti nel nord della Sardegna e che col Giudice Nino condivideva una illuminata accoglienza verso intellettuali e poeti, Giovanna, che molto somigliava alla bella madre, seppe improvvisamente che l'accordo matrimoniale era stato interrotto.
 
Comperata poi magnis pecuniis(12), Giovanna giunse al Palazzo del Broletto a Milano il 2 luglio del 1300(13), accompagnando Beatrice sposa di Galeazzo I,(14) ed accolta a Chiaravalle dai Cavalieri per gli otto giorni di corte bandita con torneamenti, giostre e l'inaugurazione del primo cocchio sospeso. Ai Visconti piacque infatti presentare la infantula comitissa ai milanesi quale possibile sposa del terzogenito di Mattheo Grande. Eppure, col matrimonio della madre che le severe leggi del Giudicato non avrebbero approvato, Iohanna prese le distanze da Beatrice che accettava di maritare quel giovane così arrogante verso l'amato padre Nino, ora ridotto al "Visconti di Pisa, il perdente".
 
Certo, un disinvolto matrimonio fra Giovanna e Galezzo I avrebbe semplificato di molto l'appropriazione di quell'alta nobiltà con cui Milano avrebbe potuto anche dotarsi di un porto sul Mediterraneo, alla pari delle potenti Repubbliche, nonchè di quel territorio costiero che controllava le vie battute dai traffici verso Francia e Spagna(15).
 
Ma forzato dall'urgenza di nuovi eredi per il controllo di Milano, il patriarca deviò verso l'ancor piacente Beatrice d'Este che all'epoca aveva già dieci anni più di Galeazzo. Esca prelibata per l'avvio della intensissima politica matrimoniale che condusse i Visconti ad estendere la propria influenza ben oltre i confini di Milano, fu proprio la bella vedova dell'ultimo Giudice di Gallura, che senza lunghi corteggiamenti ed in cambio di qualche valido mercenario si lasciò condurre dai parenti ad un matrimonio, che alle dame di corte serviva per rendersi oggetto prezioso da custodire per il proprio lignaggio. E fino a che non se ne potesse ricavare altro guadagno...
 
"Non credo che sua madre più m'ami / poscia che trasmutò le bianche bende / le quai convien che, misera !, ancor brami / Per lei assi di lieve si comprende / quanto in femmina foco d'amor dura / se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende..."(16) Intanto, presso i cerimoniosi parenti di Ferrara, Giovanna restava disorientata dai maneggi politici che anche lei sottoponevano ad una trama soffocante di accordi incomprensibili in vista del Potere.
 
Galeazzo I però, pur avvezzo alla rude vita guerresca, dovette ben presto realizzare di esser stato coinvolto in una lotta impari con quella nobile giovanetta, che nella sua resistente quanto legittima sovranità incarnava il lato imprevedibile di un nemico temuto ed a cui la Bibbia stessa affiancava il serpente malefico : la Donna. E nel Palazzo del Broletto, dove Galeazzo I aveva la sua corte, proseguì quel sequestro dorato già avviato a Ferrara dallo zio Azzo per indurre Giovanna a seguire l'esempio della madre. Ma nonostante la nobiltà giudicale che certo la sosteneva, Giovanna dovette soffrire per l'allontanamento che Beatrice agiva con una sconosciuta e frivola noncuranza.
 
Gli eventi si susseguirono vorticosamente fino al 1302, quando l'insurrezione capeggiata dai Torriani(17) obbligò i Visconti a rifugiarsi presso gli estensi(18) fino a che Mattheo ottenne da Enrico VII le insegne di vicario imperiale. A Ferrara Giovanna sopportò la presenza assillante di Fresco, figlio naturale di Azzo d'Este che spesso era assente da Ferrara, ed infine fu promessa ad un rampollo della potente casata genovese dei Doria.
 
La comitissa osò respingere con autorevolezza inaudita la domanda di Bernabò Doria, rappresentante di una famiglia che aveva condotto con l'inganno le trattative di pace agìte in favore di Pisa dal compianto padre Nino e che in Sardegna già s'insinuava fra i Giudicati di Arborea e di Cagliari. Ma il diniego matrimoniale, che dal Concilio Lateranense IV del 1215 usciva rafforzato, era un atto concesso alla donna medioevale nella sua autonomia, anche se raramente agìto. Galeazzo I dovette lagnarsi con Beatrice per quella figlia insolente ma un fatto è che a diciassette anni Iohanna, domina e comitissa Galure si occupava di difendere il suo cospicuo patrimonio rivolgendosi direttamente a Giacomo II, Re di Sicilia ed appena infeudato da Bonifacio VIII del Regnum Sardiniae et Corsicae, perchè le fosse riconosciuta l'eredità legittima. "Miserabilis orfana omni destituta suffragio et terris nostris nequiter spoliata", nominando il comportamento "tirannico et ferino" dei pisani anche in terra di Gallura, i quali "nos mulierem sine difensore, pupillam et orfanam actendebant..."(19)
 
E dopo poco, affranta dalla strenua difesa che la impegnava senza sosta, Johanna si ammalò gravemente, salvandosi pare per un soffio, ma offrendo finalmente al Visconti l'occasione per obbligarla ad un matrimonio protettivo con quel Rizzardo da Camino che a Galeazzo I prometteva la carica di podestà della strategica Trieste. La pessima fama del corrotto Rizzardo, da cui Giovanna seppe prudentemente tenersi distante, ricadde pesantemente anche sull'amicizia con Galezzo I, sempre meno amato a Milano... Fino a che il trevigiano venne ucciso in una congiura che da tempo si orchestrava per fermarne le angherie, mentre Johanna si trovava presso la madre alla corte milanese. Affrontando vicissitudini davvero inusuali per una Donna medioevale, Johanna preferì, dopo la morte della madre(20), trasferirsi a Firenze che riconosceva i meriti ed il valore di Nino e che ne accolse dignitosamente la figlia in esilio(21).
 
Dante però, a cui pure l'amico Judex aveva affidato un messaggio accorato per Johanna, fu severo con lei collocandola fra coloro che restano incupiti dal dolore e dalla solitudine...(22) Se Galeazzo I infatti non aveva favorito Giovanna, nemmeno lo favorì lei preferendogli, e solo nell'atto testamentario, il colto e paziente Azzone che, morto il padre, avviava la ristrutturazione del Broletto in una magnifica residentia, richiamando a Milano il sommo Giotto, grazie al favore di cui Giovanna godeva presso i fiorentini.
 
Conquistato l'agognato titolo di princeps in tertia parte regni Sardinie, Azzone Visconti mutò la serpe del casato paterno e ghibellino in un drago munito di creste regali, denti e grandi orecchie, generatore(23) e non divoratore d'uomini ma inquartato alla guelfa nella Croce di San Giorgio, avvicinando così le due famiglie viscontee un tempo nemiche nel nuovo vessillo di Milano, e mantenendone il motto : "Vipereos mores non violabo"(24) affinchè il mondo sapesse che l'impervia arrampicata da cui Galeazzo I(25) fu vinto non impediva al figlio di raccoglierne il frutto, al prezzo più lieve di un lavoro prudente ed astuto che ne avrebbe contraddistinto la successiva Storia.

 

Marina Bilotta Membretti  Cernusco sul Naviglio, 14 settembre 2017

 



(1)Parte dell'attuale Palazzo Reale, fino a Via Ore e alla chiesa di San Gottardo in Corte segnalata dal bel campanile di Azzone Visconti.
 
(2)"La casata dei Visconti (Vicecomites) era una delle più antiche famiglie pisane... Introdotto in Italia dai Franchi, il visconte era un vero e proprio sostituto del conte...", Michele Tamponi/"Nino Visconti di Gallura"-Ed.Viella 2010 p. 61-62
 
(3)Nel VII sec.d.C in Sardegna, lo Judex provinciae era nominato direttamente dall'imperatore di Bisanzio che riconosceva così la legittimità del sistema giudicale che in Sardegna proveniva dal Diritto celtico, si articolava nelle tre funzioni sacrale-giuridica, guerriera e produttiva, ed in cui la successione ereditaria, quindi governativa, era estesa alla donna. I quattro Giudicati furono veri e propri Stati con sovrani dotati di summa potestas nazionale ed internazionale secondo il principio "superiorem non recognoscentes".
 
(4)Comitissa o giudicessa, Giovanna Visconti era titolare dei Castelli di : Galtelli, Posada, Villa Petrosa, Terranova nel Giudicato di Gallura, e di Kirra e di Ogliastra nel Giudicato di Cagliari.
 
(5)Dante Alighieri, "Divina commedia" – Purgatorio Canto 8°,vv 70-72
 
(6)Personaggio della Divina Commedia menzionato da Dante Alighieri nel XXIII canto dell'Inferno tra i "barattieri", frate Gomita fece evadere prigionieri dietro riscatto.
 
(7)Obizzo II d'Este e Giovanni Visconti di Gallura favorirono fin dal 1265 con un trattato d'alleanza l'ascesa del Conte Carlo d'Angiò, fratello di Re Luigi IX di Francia e futuro re di Napoli e di Sicilia.
 
(8)La vittoria del 1254 fece ottenere a Giovanni Visconti un terzo del Giudicato di Cagliari, ereditato poi da Nino ed infine dalla figlia Giovanna.
 
(9)Villa Templi, odierna Tempio Pausania, conserva i resti di un edificio signorile ritenuto la residenza del Giudice Nino Visconti di Gallura che per motivi di sicurezza preferì non abitare con la famiglia nel Castello di Pedres (Olbia).
 
(10)Dopo aver sposato Nino, Beatrice aveva vissuto a Volterra dove pare che sia anche nata Giovanna.
 
(11)Corradino Malaspina era nipote del Corrado Malaspina che Dante incontra insieme a Nino Visconti nell'Antipurgatorio.
 
(12)G.Fiamma, Opusculum de rebus gestis Azonis Vicecomitis
 
(13)Il 1300 è il primo Anno Santo istituito intenzionalmente da papa Bonifacio VIII con la Bolla " Antiquorum habet fida relatio" (trad.:"Un documento degno di fede"). E'anche l'anno in cui Dante Alighieri situa il viaggio descritto nella Divina Commedia.
 
(14)Il matrimonio fu celebrato il 24 giugno nella Cattedrale di Modena. Per l'occasione Galeazzo I vestiva il cingulum militiae, segno di riconoscimento per un funzionario attivo nell'Impero romano.
 
(15)La vigilanza guerresca simboleggiata dal gallo celtico fu introdotta nello stemma intorno al 1050 ma già Benedetto VII, prima dell'anno mille, donava ai pisani-sardi impegnati a Musetto contro i saraceni lo stemma dei quattro mori inquartati nella Croce di San Giorgio, che si ritrova anche presso i Cavalieri Templari e tuttora in Sardegna. Fretum gallicum, o stretto gallico era il territorio strategico fra Sardegna e Corsica, oggi limitato all'attuale Bocche di Bonifacio.
 
(16)Dante Alighieri, Divina Commedia – Purgatorio VIII vv 73-78 Nino Visconti si rivolge così alla figlia lamentando il nuovo matrimonio di Beatrice.
 
(17)Guido della Torre avviò una rivolta per il raggiro con cui Galeazzo I aveva sottratto Beatrice al matrimonio promesso col figlio di Alberto Scotti, signore di Piacenza.
 
(18)A Ferrara nacque nel 1302 Azzone Visconti, figlio di Galeazzo I e di Beatrice e qualche anno dopo Ricciarda, entrambi fratellastri di Giovanna Visconti.
 
(19)"Augurando a Voi, legittimo e giusto re Giacomo II d'Aragona, di recuperare il Regno felice di Sardegna che Vi è stato consegnato ed ora caduto nelle mani di rapaci occupanti (i Pisani, n.d.r.) cosicchè noi, spogliati di tutti i nostri beni potremo gioire quando ci verranno restituiti..." cit. dalla lettera 10 gennaio 1309, Giovanna Visconti (V.Salavert Y Roca, Giovanna di Gallura ).
 
(20)Beatrice d'Este morì nel 1334.
 
(21)Joahnna morì a Firenze nel 1339, e sepolta pare presso la Chiesa della SS.Annunziata.
 
(22)Divina commedia, Purg., XI, 1-21. La severità dantesca, che si ritrova nella coeva letteratura cortese, oscilla fra tota mulier in utero e mulier sancta.
 
(23)Su un capitello della Basilica di Sant'Ambrogio è infatti un serpente bronzeo, donato dall'imperatore di Bisanzio intorno al 1000 d.C., copia del Nehustan forgiato da Mosè nel deserto per difendere il suo popolo.
 
(24)"Non oserò violare le consuetudini delle vipere", (trad.)
 
(25)Non favorito da Ludovico IV il Bavaro, Galeazzo I, servì infine Castruccio Castracani morendo scomunicato a Pescia nel 1328.
 

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