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“Sylvia”, una collaborazione inedita.

La nuova produzione del 'Teatro alla Scala' favorisce il lavoro di Manuel Legris.

La foto è uno screen-shot tratto dal breve video del ‘Teatro alla Scala’, condiviso su www.youtube.com / Il francese Manuel Legris, già direttore di Ballo per la ‘Staatsoper’ di Vienna e precedentemente primo ballerino all’ ‘Opèra’ di Parigi, è stato nominato nei giorni scorsi direttore del corpo di Ballo del ‘Teatro alla Scala’ : sua è stata la ottima coreografia dell’edizione 2019 di “Sylvia” con le musiche originali di Lèo Delibes e l’allestimento del ‘Wiener Staatsballet’. 

 

 

 

 

Fa pensare, in queste settimane in cui l’Italia si trova ad affrontare – e lo sta facendo con competente dedizione fra i colleghi europei - una sconosciuta epidemia da ‘Coronavirus’ che arriva da lontano, la recente proficua co-produzione fra il ‘Teatro alla Scala’ e ‘Wiener Staatsballet’ per l’eccellente “Sylvia”, andato in scena a Milano fra dicembre 2019 e gennaio 2020.

Tratto da un testo poco noto di Torquato Tasso che lo scrisse nel 1573, il poema “Aminta” non ottenne successo, sebbene la scelta del magico ambiente arcadico incontrasse il gusto dell’epoca : la pazienza e la fedeltà dell’uomo-Aminta irritavano la Cultura del tempo che preparava sanguinose guerre.

La vicenda narra infatti l’amore del pastore Aminta per Sylvia, bellissima ninfa al seguito della virginea Diana, dea della caccia : il mite Aminta viene respinto da Sylvia, e pure il ruvido cacciatore nero Orione patirà la stessa sorte.

Certo, il testo del prudente poeta si ferma timidamente alla soglia della passione, bramata invano dal lettore avido in cerca di forti caratterialità – che oggi giudicheremmo patologiche - e resta adagiato nella placidità e pinguetudine dell’Arcadia, pur offrendo l’azzardo di conclusioni rivoluzionarie ma, a quanto pare, poco gradite al pubblico del XVI secolo.

Il Tasso però affida al niente affatto ingenuo Eros quel provvidenziale moto di Sylvia che, prima fra tutte le valchiriane[1] compagne, lascia cadere l’istituzionale arco corredato di frecce con cui tutte le ninfe pedissequono Diana, e favorisce il paziente ed abile Aminta, che si dimostra capace nonostante le molte prove subìte ad opera della incantevole ninfa.

A sorpresa, nel XIX secolo il testo venne ripescato dal cassetto dimenticato del poeta per farne però un originale balletto, in cui la novità della musica avrebbe sostenuto l’ambiziosa parte di protagonista dell’opera : il titolo non sarebbe più stato “Aminta”, bensì “Sylvia, ou La Nimphe de Diane” e fu presentato per la prima volta a Parigi nel 1876 con la compagnia dell’Opèra.

La musica davvero innovativa del francese Lèo Delibes, che già aveva portato al successo il balletto classico “Coppelia” non riuscì tuttavia a scaldare il pubblico : più tardi, e solo nel 1952 “Sylvia” venne ripresentata con le medesime musiche di Delibes ma con la rivoluzionaria coreografia dell’inglese Sir Frederick Ashton, che tutto puntò sui passi arditissimi e difficili della protagonista. Fu il successo!

L’opera riscosse un vasto applauso, pur rimanendo fedele al testo originale del Tasso : la musica, intelligentemente interpretata dalla coreografia, rappresentava quell’azione che il testo non osava, orientando lo spettatore senza incertezze.

Il 31 dicembre scorso abbiamo potuto assistere alla entusiasmante edizione offerta dalla coreografia di Manuel Legris con l’Accademia di Ballo del ‘Teatro alla Scala’ ed abbiamo apprezzato la evidente soddisfazione di giovani e giovanissimi che, presenti numerosi ed in abito da sera nel nostro Teatro, italiani europei ed extra-europei si sono alzati in piedi per applaudire forte. Magnifico !!

Una collaborazione così produttiva, se venisse meno costituirebbe non solo un danno all’Europa tutta, ma ancor più un segnale politico assolutamente non condivisibile dai tanti – giovani appunto – che in Europa ormai vivono, lavorano e metton su famiglia.

 

                  Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 14 marzo 2020

 

[1] ‘La Valchiria’, opera scritta dal compositore tedesco Richard Wagner fra il 1851 ed il 1856 si ispira a creature femminili mitologiche al servizio di Odino, dio della guerra e che possono decidere vita o morte di chi si trova in battaglia : celebre, all’inizio del III Atto dell’opera è il brano ‘La cavalcata delle Valchirie’, spesso usato anche nel cinema per le scene di attacco bellico. Lèo Delibes, compositore francese che musicò ‘Sylvia ou La Nimphe de Diane’ era sincero estimatore di Wagner.

 

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