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Un ‘sinthomo’ ?

  

Oggetto scenico rappresentante ‘Edipo’ nel Cortile della ‘Accademia d’Arte del Teatro Antico’, a Siracusa.

 

 

“Farò cessare la superbia dei protervi e umilierò l’orgoglio dei tiranni”/ Is 13, 10-11

 

 

Indiscutibilmente noto - ed a ragione - fra i romanzi storici della letteratura anglosassone sul Medioevo, ‘I pilastri della terra’ di Ken Follett avvince il lettore fino alle ultime righe : salvo cedere, fra le pieghe di una conveniente conclusione, ad un pietismo rassegnato proprio verso l’artefice principale di tanta vessazione che sapeva farsi verosimilmente sfuggente, ma a cui la stessa Chiesa cattolica dovette piegarsi nell’Inghilterra del 1100 e quindi ben prima della ascesa fatidica del re Enrico VIII.

 

“…E per Waleran, la pietà dei suoi nemici era l’umiliazione più grande.”[1]

 

Viene in mente la educazione, intransigente e puritana, a cui il bambino Ken dovette piegarsi fino all’età di giovane adulto, e da cui tentò con tutte le sue evidenti forze di ottimo scrittore di districarsi come dal groviglio apparentemente inestricabile che Jacques Lacan mostrava agli allievi per indicare la presunta inestirpabilità del ‘sinthomo’[2] : salvo, appunto, giocare tutto sul bandolo di quella matassa.

L’unico soggetto con titolarità a giocare tutto sul bandolo vincente, è però il titolare stesso : questo, ancora oggi, ci comunicano la psicoanalisi e Freud.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 10 dicembre 2021

 

[1] K. Follett ‘I pilastri della terra’ Mondadori Libri SpA 2015, p.1047

[2] J. Lacan, ‘Seminario XXIII. Il sinthomo’ (1975-1976)

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