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Screenshot condiviso dal ‘Don Carlo’ di Giuseppe Verdi (11 marzo 1867 prima rappresentazione a Parigi) : l’opera è stata trasmessa da ‘RAI Cultura’ in diretta dal ‘Teatro alla Scala’ di Milano lo scorso 7 dicembre 2023. Direttore Riccardo Chailly, regista Lluìs Pasqual.

Il fotogramma qui riprende dal III Atto una delle pochissime scene illuminate dal sole, al di là delle sbarre : Don Carlo, Infante di Spagna ed erede al trono, decide di fidarsi di Rodrigo, Marchese di Posa.

 

 

“Tutto tacer dovrà… per esaltar la fè” è la formula del dispotismo di ogni tempo, che Giuseppe Verdi fa pronunciare al Grande Inquisitore, ‘cieco nonagenario’ come previsto nel libretto[1] del suo ‘Don Carlo’, ma anche voce spettrale di un progenitore che non muore, nel finale di un’opera complessa e non per questo meno interessante.

La formula spaventosa della prevaricazione è qui storicamente datata – siamo nella Spagna del 16° secolo che manda al rogo gli eretici fiamminghi – ma pronta a riemergere con qualunque abito, di volta in volta nei secoli e fino ad oggi per ottenere subordine. Rarissimo - ma possibile[2] - è nella Storia incontrare governanti capaci di riconoscere l’errore terribile, applicato dovunque e purtroppo fino ai rapporti più prossimi, personali e famigliari.

La regia intelligente ci impone, a ragione, un fondale studiato, convincente, di sbarre serrate per un tempo oscuro, una cancellata elegante e impenetrabile, immersa in un livore continuo che solo l’appuntamento di Don Carlo con Rodrigo arriva a colorare, i due si confessano fiducia reciproca nelle incertezze della Storia : “Carlo, tu puoi, tu puoi fidare in me”. Lo spiraglio è minimo ma ragionevole nella ottusità diffusa che tiene in pugno il ripetersi : “oppresso il cor, forza non ha”.

Senza mai nominarla, insomma, Verdi ha saputo mettere a tema la sempre attuale - e violata - ‘sovranità’ : potente quando arriva a costruire nonostante gli ostacoli e le fragilità, impotente quando si arroga ogni prepotenza con le sue crudeltà.

Le voci e le parole che nell’opera si snodano e si attraversano, mantengono minimo quello spiraglio che solo la musica, solidissima, non chiude nemmeno davanti alla magnificenza accecante del 'retablo',  grandiosa pala d’altare architettonica delle cattedrali spagnole : inspiegabile, rapidissimo, innegabile. I cieli alti della splendida Spagna che conosciamo, sono qui psichicamente aboliti.

E’ una opportunità, quest’opera, e per nulla scontata.

 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 14 gennaio 2024

 

 

[1] François-Joseph Méry e Camille Du Locle sono gli autori del libretto, tradotto da Achille De Lauzières e Angelo Zanardini per la prima rappresentazione italiana a Bologna, il 27 ottobre 1867. Giuseppe Verdi (1813 – 1901), uno dei maggiori musicisti e compositori al mondo, fu - e non solo in Italia - uno degli autori più diffusi e conosciuti nel periodo storico che precedette la unità d’Italia : tuttora la sua musica mantiene un forte richiamo alle alleanze costitutive in Europa.

[2] Papa Giovanni Paolo II nel 2000, intervenendo con una lettera in occasione della pubblicazione degli Atti del Simposio internazionale su l’Inquisizione, svoltosi in Vaticano nel 1998 https://www.toscanaoggi.it/inquisizione-lettera-del-papa-spirito-di-pentimento-e-perdono-e-per-le-ferite-della-memoria/ // Inoltre, nei confronti del Nazismo il Cancelliere Willy Brandt (1970) https://ilbassoadige.it/2020/09/30/quando-willy-brandt-si-inginocchio-per-rendere-omaggio-ai-caduti-del-nazismo/ E recentemente, la Cancelliera Angela Merkel  (2019) https://www.repubblica.it/esteri/2019/12/06/news/germania_angela_merkel_auschwitz-birkenau-300873897/

 

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