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Entrare in scena.

Conversazione con… Elena Polic Greco[1].

 

 

Deliziosa protagonista in ‘La Pace’[2] di Aristofane nella felice stagione appena conclusa al ‘Teatro Greco’ di Siracusa, Elena Polic Greco è stata anche una delle figlie di Oceano – oltre che Corifea e responsabile del Coro - nello spettacolare ‘Prometeo incatenato[3], a conclusione di un serrato anno di docenza in accademia che è la ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ di Siracusa : il 29 settembre prossimo sarà di nuovo impegnata a Taranto col regista Daniele Salvo in ‘Gli Spartani’[4], un testo moderno di Barbara Gizzi.

“Sapevo ben poco all’inizio della ‘mia’ Accademia, che è stata la ‘Silvio D’Amico’ a Roma, dove sono nata : ormai mi muovo tutto l’anno, per lavoro, tra Roma e Siracusa. Forse però del teatro sapevo qualcosa in più rispetto ai compagni, perché spesso avevo seguito mia madre in tournée… Ma ora ero curiosissima, una spugna, avevo sete di sapere, di conoscere il passato, di mettere ordine in quello che già sapevo di cinema e di teatro : e capivo che anche quello che fino ad allora conoscevo di me non era sufficiente, recitare mi richiedeva molto di più…

Ho imparato che un attore può essere timido, ho avuto Maestri che mi hanno generato domande e curiosità sul teatro, e quello che è accaduto in me è stato straordinario : ho scoperto il canto, la sua ricchezza di suoni e di possibilità, e ho ritrovato il mio corpo – l’avevo perso da ragazzina, il corpo, perché ero convinta di non essere adeguata fisicamente… I miei Maestri mi hanno dimostrato che non era vero e ancora adesso mi ritrovo a ringraziarli, perché il corpo è fondamentale nel nostro lavoro, ed è il corpo stesso che genera il suono quando viene messo in gioco.

Ho cominciato a cambiare e a cercare, a non arrendermi, ad approfittare persino dei miei fallimenti per conoscermi e conoscere l’altro da me. Ho imparato ad ascoltare, e persino a ridere di me…”

Lei pensa che fare teatro sia terapeutico ?

“Non mi piace pensare che il teatro sia terapeutico, perché una terapia viene fatta per curare una patologia e non rischierei di confondere le professioni, un terapeuta fa altri studi. Per fortuna il teatro può essere molto sano, ed è la modalità che preferisco. E’ una professione che richiede studio continuo, ed un corpo sano, una mente sana. Il teatro può essere forse terapeutico nel sociale, ma non userei la parola ‘terapeutico’, direi piuttosto ‘utile’, anche se poi sono davvero pochi i finanziamenti pubblici…

Effettivamente il teatro pone anche di fronte a ostacoli, e a ricchezze, che non conoscevamo, che magari volevamo nascondere… Si impara a separare il personaggio, nel quale pure entriamo per conviverci - e con tutte le sue stranezze a volte - dalla persona che invece siamo, con la nostra storia, i contrasti, la memoria al lavoro, la sensibilità… Forse è in tutto questo che recitare ci offre una ‘cura’ perché ci richiede di sperimentare, di rischiare, infine di cambiare.”

Da docente in Accademia, com’è cambiata la sua esperienza rispetto al solo recitare ?

“Insegnare, lavorare con gli allievi mi appassiona, è stata una scoperta… L’altro, in questo caso, è qualcuno che si avvicina alla tua stessa vocazione : ancora più profonda esperienza è guardare ed ascoltare lui, o lei, mettere l’uno e l’altra a proprio agio, soprattutto nella difficoltà. Il suono, per esempio, è una esperienza oggi molto trascurata : al suono si dà poca importanza e l’allievo deve essere indirizzato nella sua scoperta.

E d’altra parte proprio in Accademia nascono improvvise nuove passioni – ci sono stati nostri allievi che sono ora eccellenti cantanti lirici. Nei miei anni di studentessa di accademia avevo scoperto, e subito mi ero appassionata, alla nostra bella lingua italiana ed al suono meraviglioso del nostro parlare.

Il difficile è che spesso l’uso del parlare quotidiano - ormai è molto sintetizzato - e la ricerca del ‘vero’ che in teatro è bandito per antonomasia, sacrifica il suono a discapito della comprensione delle parole e dei concetti: saper giocare con le vocali e le consonanti, con gli accenti delle parole e i diversi accenti che si possono mettere in una frase, offre molte possibilità alla comunicazione.

‘Bagnare col suono la parola’ io dico, ed è un lavoro che propongo, che ho maturato nel portare avanti la ‘mia’ accademia in questi quattordici anni a Siracusa : ‘imparare’ un italiano dimenticato come si impara una lingua nuova, attraversando i testi di Alfieri, Tasso, Ariosto per la recitazione e di Metastasio, secondo il metodo di Nicola Vaccaj, per il canto o Monteverdi con il ‘recitarcantando’. E torniamo ad imparare a parlare per poter cominciare a ‘parlare in scena’, fino ad entrare, a ‘contaminare’ - si può dire ? - il nostro quotidiano.

La parola allora si fa suono significante senza più cantarla, si fa tridimensionale attraverso il suono, completamente nuova : ma arrivare a comprendere quanto la parola - e quale parola - sia necessaria per veicolare un messaggio, ci vuole tempo, non è affatto immediato, ci vogliono anni…”

Qual è il traguardo ?

“Non conviene farsi prendere da vaghi traguardi ‘esterni’ e anche questo è difficile, per gli allievi e forse in generale nel nostro lavoro. Per me è necessario avere un sogno, ma sapere che cosa si vuole fare, a quale obiettivo mirare: è una delle cose che chiedo di scrivere, e di tenere sotto analisi ai miei allievi; i sogni spesso sono irrealizzabili ma belli da immaginare, mentre chiarirsi ciò che si vorrebbe essere è importante per aggiustare il tiro di un mestiere che coinvolge totalmente la vita di ciascuno di noi. Poi il teatro è allenamento, pratica, studio, anche insuccesso e perfino fallimento, e scavare al fondo di sé stessi non è un gioco, non bisogna farsi male : gli errori però offrono quella chance che avevamo trascurato… Fino a che si arriva a quel ‘sentire’ che va bene, un agio che ti rende leggero, incredibilmente potente e quasi felice, vorresti solo ripeterlo.

L’applauso segue, convinto : il premio magari no, passa per vie molto particolari. Ecco, sono convinta che sia necessario intraprendere l’accademia non come ‘una risulta’, una scelta residuale ma come una opportunità per scoprire un talento e dargli una chance di lavorarci senza risparmio, con intelligenza.

A volte in classe bisogna essere capaci di rassicurare, magari c’è l’attaccamento al brutto ricordo di essere stati ‘zittiti’ perché cantando o ballando si faceva ‘rumore’, o si era ‘stonati’ e lì si è rimasti.  Quando invece l’allievo conosce la musica o canta, deve essere rassicurato perché quello che già possiede non verrà perduto, non verrà dimenticato: perché questo spesso temono gli allievi… Dunque anche tanto lavoro perché arrivino a fidarsi! Poi c’è la soddisfazione, che per me è assistere alle scoperte che fanno studiando, e contagiandosi l’un l’altro, è soddisfazione sentire le loro voci cantare nei corridoi, nel cortile dell’Accademia, perfino nei vicoli di Siracusa!”

Due opere di Aristofane sono state portate in scena quest’anno : ‘La Pace’ del 421 a.C. per il ‘Teatro Greco’, e ‘Lisistrata’ del 411 a.C., saggio conclusivo degli allievi del III anno : c’è un collegamento fra i due testi ?

“Forse il collegamento più evidente è l’urgenza di ritrovare la pace : ma quello meno scontato e spesso inosservato è di chi muove l’urgenza, sono i contadini che fanno fruttare la terra ne ‘La Pace’ e le donne invece in ‘Lisistrata’, perché generano i figli. Quanta tristezza c’è in ‘Lisistrata’, quanto anche lei è collegata alla natura e come, anche lei, risolverebbe tutto partendo dall’amore, dalla unione, dalla saggezza. Lisistrata, così come Trigeo ne ‘La Pace’, si rende finalmente conto che è necessario intervenire per evitare il peggio. Per questo anche dicevo che il teatro può avere una funzione sociale.”

Quale parte ha la memoria nel recitare, e come si coltiva ?

“La nostra memoria collabora e si oppone al tempo stesso : ci sono frasi, suoni, che all’improvviso vengono in superficie mentre ‘sei’ quel certo personaggio sulla scena, ogni attore lo sa e ci sono differenti modi per ‘fare memoria’. Sono molto legata alla sequenza di movimento sulla scena che studio con precisione matematica, così come faccio con lo studio del testo, mi creo degli appuntamenti che fisso con la ripetizione : il personaggio comincio quindi a costruirlo già mentre studio, ma è il regista che mi aiuta a fargli prendere forma, e lavorare col regista vuol dire anche arrivare a modificare un proprio metodo. Ma sempre più spesso il periodo per le prove si accorcia e quindi la preparazione deve essere molto più intensa per poter arrivare alla prima prova con la memoria pronta…

Diventare complici del proprio personaggio è indispensabile, poi le battute vengono spontanee ed è un piacere! Ne ‘La Pace’ di Aristofane, dove impersonavo proprio ‘la Pace’, il regista non voleva concludere con una ‘gaia’ festa come previsto, forse un po’ crudelmente, dall’autore antico : Daniele Salvo voleva invece esprimere preoccupazione, e anche paura, il monito per un mondo che insiste ad occuparsi di guerra, per avidità e predominio. Così il mio monologo finale è stato tratto da ‘Le Fenicie’ di Euripide (410 a.C.), dove Giocasta parla ai figli Eteocle e Polinice. C’è una frase che mi è rimasta nel cuore, e che forse dovremmo ricordare osservando quello che ci accade intorno ogni giorno : ‘Figli miei, voi correte incontro ad un duplice disastro : perdere tutto ciò che possedete, e cadere mentre cercate di prendervi ciò che non avete’.”

L’applauso prolungato del pubblico, il successo evidente e forse sorprendente di questa interessante edizione teatrale riporta bene, invece, alla realtà di una esperienza quotidiana e nota in cui pochissimi sostengono il molto lavoro richiesto per fare civiltà. 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 19 settembre 2023

 

 

[1] Elena Polic Greco si è diplomata nel 1999 alla Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ di Roma (fra i suoi Maestri Mario Ferrero e Vittorio Gassmann) : voce soprano, si è perfezionata in Canto presso A.N.A.D. ‘Silvio D’Amico’; la sua fluenza in inglese, spagnolo, francese le ha permesso di essere chiamata (2017-2023) alla traduzione simultanea in lingua  inglese degli spettacoli in scena al Teatro Greco di Siracusa durante la Stagione teatrale. Nel 2021 ha ricevuto il premio RFA come miglior attrice nel cortometraggio ‘Tragodia’ (Cinema, ‘Ortigia Film Festival’) : fra altre, la sua partecipazione in ‘Bianco e Nero’ di Cristina Comencini (2007) e ‘Quale amore’ di Maurizio Sciarra (2005). Con l‘Orestiade’ di P.P. Pasolini (2008) ha cominciato a recitare nelle Rappresentazioni Classiche al Teatro Greco di Siracusa, fino alle più recenti ‘Prometeo incatenato’ e ‘La Pace’ (2023), ‘Edipo Re’ (2022), ‘Le Baccanti’ (2021), ‘Le Troiane’ (2019), ‘Fedra’ (2016), ‘Le Supplici’ (2015), ‘Coefore ed Eumenidi’ (2104), ‘Antigone’ e ‘Le Donne al Parlamento’ (2013), ‘Prometeo’ e ‘Gli Uccelli’ (2012), ‘Le Nuvole’ e ‘Andromaca’ (2011), ‘Lisistrata’ e ‘Fedra’ (2010), ‘Le Supplici’ (2009). Presso la Accademia ‘Silvio D’Amico’ a Roma è stata assistente alla cattedra di Canto per la M. Claudia M. Aschelter (2003-2007) e Docente di canto corale (2017); sempre a Roma per la LUISS è stata docente di Dizione ed Educazione della Voce (2016-2020). A Siracusa, presso la Accademia d’Arte del Dramma Antico I.N.D.A. è dal 2010 docente di Canto, Dizione e Recitazione e dal 2020 anche Referente Didattica con ruolo di coordinatrice dei progetti esterni con allievi e docenti, svolgendo inoltre attività teatrali nelle scuole per conto di I.N.D.A. Dal 2013 collabora col Liceo ‘Quintiliano’ di Siracusa in qualità di esperto esterno.

[2] ‘La Pace’, di Aristofane (421 a.C.), produzione I.N.D.A. www.indafondazione.org Regia: Daniele Salvo; Traduz.: Nicola Cadoni; Scene : A. Chiti e M. Ciacciofera; Costumi : D. Gelsi; Musiche originali : P.M. D’Artista; Direz. Cori cantati : Elena Polic Greco (Corifea e dea Pace nel monologo finale) e Simonetta Cartia. Interpreti principali :  Giuseppe Battiston, Massimo Verdastro, Simone Ciampi, Martino Duane, Jacqueline Bulnès, Elena Polic Greco, Federica Clementi, Gemma Lapi. Con la partecipazione degli Allievi della ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ di Siracusa.

[3] ‘Prometeo incatenato’, di Eschilo (460 a.C.) a cura di I.N.D.A. Istituto Nazionale del Dramma Antico, regia di Leo Muscato - Stagione teatrale 2023 / ‘Teatro Greco’ di Siracusa.

[4] ‘Gli Spartani’, di Barbara Gizzi – Regia di Daniele Salvo, Progetto Speciale MIC 2023, Taranto 29 settembre 2023 ‘Corte del Mudi’ Museo Diocesano, Vico Seminario 1. Costumi: Daniele Gelsi. Interpreti: Massimo Cimaglia, Giuseppe Sartori, Valeria Cimaglia, Elena Polic Greco, Giulia Sanna.

in Ordine.

Medea 2023

 

Sedie vuote su un pavimento a scacchi, lucidato a cera : è l’orizzonte di ‘Medea’[1] nell’interessante allestimento scenico di Marco Rossi per il ‘Teatro Greco’ di Siracusa, con la regìa di Federico Tiezzi.[2]

 

 

Ben introduce la mente rischiosa di Medea questo Coro di giovani in tunica bianca, un canto ritmato,  primitivo, infantile : e ben richiama – quel tonfo sordo alla fine di ogni strofa – il crinale sottile che sta fra l’orgoglio degli dèi e la morte degli umani.

Non è umana infatti Medea : né ci tiene a diventarlo. Ha provato, sì, a stare fra loro, quel talento del silenzio[3] di sé che gli dèi disprezzano : ha innalzato il suo Giasone alla gloria[4] e come una sposa lo ha seguito, dandogli persino due bambini.

Ma Giasone, giunto con lei a Corinto, si è ricordato di essere Greco e Medea meno di niente.

Egli ha deciso di farsi avanti col re Creonte, per chiedergli in sposa la giovane figlia : Medea potrà ringraziarlo per il fortunato approdo, potrà ringraziare la clemenza di Creonte che non pensa di ucciderla, e ringraziare la Grecità tutta che le offre Leggi e come si amministra la Giustizia, anziché la barbara Vendetta delle terre di Colchide da cui lei proviene.

Lo scarto di Medea è allora immediato e senza nostalgie : la sua discendenza dal Sole non le porta affetti – non ai figli e non ad altri - ma un raziocinio sconcertante, criminale.

Criminale ?

Macchè criminale, divina è Medea! E lascia alle serve di lavare il sangue di quella ecatombe, la sua Opera!

Come l’Aquila imperiale che non l’abbandona mai, Medea sta sopra gli umani volteggiando su di loro senza sosta : persino quando, ormai lontana dal Tribunale umano che si illudeva di poterla condannare, lei invece - radiosa – deride l’annientato Giasone dall’alto del carro alato del ‘suo’ Sole che già la porta a vita nuova presso un prossimo, fragile re. Egeo l’aspetta, infatti.

La gradevolissima regìa di Federico Tiezzi rispetta sapientemente le parti e fa compiere così un salto di qualità all’oscuro testo di Euripide : davvero eccellenti risultano la coreografia e le scene, le musiche e i cori; e convincenti assai gli interpreti tutti - l’ambiguo Giasone, la veritiera Nunzio, il povero Creonte e, risalendo, fino ad una difficilissima Medea che la brava Laura Marinoni porta con umiltà amorevolezza sensibilità, allontanando il ricordo di quella Medea / Callas troppo struggente e passionale[5], per riportare invece alla verità dello scatto d’orgoglio che sconcerta, perché lo si immagina avvitato alla virilità del solo genere maschile e non anche a chi, da donna, pure ha fisicamente attraversato la gestazione ed il parto.

Ma gli dèi non partoriscono – questo ci comunica Euripide, nascondendo una subitanea, non eludibile debolezza del testo che gli procurò iniziale diffidenza dai Giudici[6] del tempo – e la divina Medea si volge al solo padrone che la asserve, l’orgoglio sovrumano che la piega, per riportarla ‘in Ordine’.

Follia è lo scarto senza resistenza di ogni legame, ma che solo la follia rende ‘naturale’ perché nessun inconscio - di cui non avevamo notizia, prima di Freud[7] - può mai veramente trovarsi ‘a cielo aperto’ come pure qualcuno continua a dire.

Difficilissimo e raro è saper riportare su un palcoscenico – ampio e aperto, poi, come il ‘Teatro Greco’ di Siracusa – quello scatto della mente che è passaggio sconcertante della patologia e che può essere taciuto, mai rimosso.

 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 9 luglio 2023

 

 

[1] ‘Medea’, di Euripide / Stagione teatrale 2023 ‘Teatro Greco’ di Siracusa  www.indafondazione.org     Regìa di Federico Tiezzi; Traduzione di Massimo Fusillo; Scenografie : Marco Rossi; Musiche originali del Prologo: Silvia Colasanti, con il Coro di voci bianche e orchestra del ‘Teatro dell’Opera’ di Roma diretto da G. Sabbatini e C. Donadio; Direttore di scena: Nanni Ragusa; Responsabile coro: Simonetta Cartìa; Interpreti principali: Laura Marinoni, Alessandro Averone, Roberto Latini, Sandra Toffolatti, Luigi Tabita, Debora Zuin, Riccardo Livermore e con la partecipazione degli Allievi della ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ di Siracusa.

[2] Federico Tiezzi è attore, drammaturgo e regista teatrale : curò la sua prima regìa a quattordici anni, per ‘Il Bugiardo’ di Carlo Goldoni; suoi punti di riferimento sono proprio le antiche opere classiche, oltre ad autori come Allen Ginsberg, Federico Garcia Lorca, Pier Paolo Pasolini, Bertolt Brecht. E’ laureato in ‘Storia dell’Arte’ : fondò la compagnia ‘Il Carrozzone’ (Premio Ubu 1979 e 1980 per la miglior compagnia italiana di teatro sperimentale), ora compagnia ‘Lombardi-Tiezzi.

[3] ‘Il pensiero di natura. Dalla psicoanalisi al pensiero giuridico’, di Giacomo B. Contri – SIC Edizioni (1998) Cap. III ‘I sessi nella legge’ – ‘Talento negativo’, p. 155.

[4] Grazie all’aiuto di Medea, principessa e somma sacerdotessa in Colchide, Giasone – in fuga da Iolco dove il re suo padre era stato spodestato - potè impossessarsi del ‘Vello d’oro’, appartenuto all’ariete alato di Ermes e ritenuto dotato di poteri magici.

[5] ‘Medea’ è il film (1969) scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, con Maria Callas nella parte di Medea.

[6] Fino a cinque Giudici erano eletti per le opere in concorso : Euripide ottenne per ‘Medea’, che faceva parte della trilogia da lui presentata per l’agone tragico, solo il terzo posto alle ‘Grandi Dionisie’ nel 431 a.C., anno della prima assoluta presso il Teatro di Dioniso ad Atene

[7] ‘Il disagio nella civiltà’ (‘Das Unbehagen in der Kultur’), S. Freud (1929-1930).

 

Separare e unire.

Nella foto : presentazione nella Sala introduttiva. ITER - che nella lingua Latina si traduce con ‘cammino, viaggio’ - si trova a Saint-Paul-lez-Durance / Cadarache, Francia : è ad oggi la sola macchina al mondo la cui taglia ed attrezzature (la realizzazione attuale ha raggiunto l’85% delle opere civili, nel 2020 sono iniziate le fasi di assemblaggio) permettono di esplorare i territori finora sconosciuti della fusione nucleare che replica la reazione sul Sole e consente la produzione di energia non da fossili, con presenza minima di scorie radioattive. Attraverso la macchina di fusione ‘Tokamak’ un plasma d’idrogeno è portato alla temperatura di 150 milioni di gradi C a cui possono avvenire le reazioni di fusione. Attori di ITER sono : Cina, Unione Europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia, Stati Uniti : sul sito sono attive più di 500 aziende manifatturiere appartenenti ai diversi Paesi. Direttore generale di ITER è dal 2022 l’ingegnere italiano Pietro Barabaschi/ www.iter.org  

 

 

Probabilmente conviveranno a lungo le due modalità alternative di trattare il nucleo dell’atomo a fini produttivi : l’una modalità attraverso una apparentemente conveniente separazione del nucleo cui fa da contrappeso l’attivazione di sistemi di sicurezza complessi e costosissimi; l’altra modalità attraverso un innesco della fusione laborioso, ma con la possibilità di sistemi di sicurezza affidabili, molto più rapidi ed economici. Il traguardo dichiarato di entrambe le modalità che già preparano questa convivenza è quello di accelerare le conoscenze e quindi la competenza sui materiali, che finora non ha proceduto molto alacremente.

L’occasione quindi di una missione conoscitiva organizzata da Cise2007[1] del più grande cantiere al mondo per la realizzazione di un reattore a fusione nucleare di ultimissima generazione, ha permesso l’incontro informale e formativo di ingegneri in qualità di allievi – da una parte - venuti su secondo la teoria dell’efficacia produttiva della separazione, con giovani tecnici ingegneri nella veste di docenti – dall’altra parte - in quanto attualmente applicati alla ricerca di produzione energetica derivante dalla unione, meglio : fusione, di nuclei di idrogeno.

L’incontro ha segnalato anzitutto una sensibilità all’ascolto da parte del docente italiano - tecnico ingegnere classe 1991 - che ha saputo cogliere il clima prudente di una generazione di tecnici italiani cresciuti dapprima nella coltivazione universitaria della produzione di energia da fonte nucleare, e successivamente aggiornati sulla sua dismissione in favore delle energie tradizionali già finanziate negli anni precedenti[2].

Proprio la ricerca applicata recente ha potuto sciogliere alcuni nodi in favore di un avanzamento nella realizzabilità di un reattore a fusione nucleare che risultasse molto meno invasivo del reattore tradizionale a fissione, cioè attraverso una separazione dei nuclei.

Ma la giovane docenza di ITER ha sottolineato anche le notevoli capacità di un lavoro a distanza che procede ormai da decenni e che riguarda tecnici provenienti da una molteplicità di Paesi, non sempre politicamente affini, tuttavia chiamati ad un accordo stabile a scopi scientifici, e ad una alleanza di fatto. La laboriosità di un afflato interpersonale che permettesse di collaborare pur senza la tradizionale frequentazione nella quale si era cresciuti di aule e laboratori, è stata fortemente messa alla prova ma soprattutto affinata per poter rendere sufficiente il vedere e l’ascoltare il collega soltanto attraverso un monitor che, ci sembrava, avrebbe potuto solo affaticare la comunicazione… L’esperienza di ITER ha superato precedenti credenze e proprio attraversando eventi inaspettati quali la pandemia da Covid19, e purtroppo anche terribili guerre improvvise che hanno sottoposto a faticosa ‘passivazione’[3] il lavoro, quando esso indissolubilmente si sostanzia con un’applicazione individuale e sociale insieme.

Un’esperienza che resta ottima testimonianza per quanti preferiscono invece resistere strenuamente alla opportunità di una ‘didattica a distanza’.

 

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 12 giugno 2023

 

 

[1] ‘Centro italiano per la Sostenibilità e l’Energia’, in forma abbreviata CISE2007.

[2] ‘Gli anni dell’atomo. Storia dell’industria elettronucleare in Italia’, di Flavio Parozzi (2021), ed. ‘Biblion’.

[3] La ‘passivazione’ è un fenomeno di natura elettrochimica che rallenta od impedisce la reazione di corrosione di materiali metallici a cui questi sono esposti.

La passione che non sapevo.

You tube:

 In condivisione con www.youtube.com ‘da ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’, ‘I Convegno degli Studi coreutici sulla danza e messa in scena’ 15/17 Dicembre 2016 , ‘Lezione spettacolo di Dario La Ferla’ - Foto e video di Franca Centaro.

 

 Conversazione con… Franca Centaro.

 

 

“Quando ho compiuto quattordici anni, mio padre[1] Orazio Centaro, mi ha regalato la mia prima macchina fotografica : da pochissimo mi ero trasferita da Roma, dove sono nata, a Siracusa, città natale di mio padre. Forse quella macchina me l’aveva regalata un po’ per scherzo, io stessa l’avevo sempre visto alle prese con attrezzature e materiali per la fotografia, a casa avevamo persino la camera oscura per lo sviluppo delle pellicole. Anzi quel processo di creazione mi sembrava davvero una magia, riservata a lui!”

Eppure, quando ciò che tuo padre ti mette in mano è qualcosa che somiglia alle sue stesse attrezzature di lavoro, può capitare che ti venga voglia di metterti alla prova : Franca Centaro ha fatto proprio questo, inizialmente per sé stessa, e gradualmente accorgendosi che il fotografare le permetteva di attingere a passioni che non aveva mai saputo e che nessun altro, in effetti, sospettava.

A lei ragazzina, venuta su un po’ all’ombra della esuberanza e professionalità paterna, sembrava irrealistico che la fotografia diventasse anche il ‘suo’ lavoro : per esempio non avrebbe lasciato la sicurezza di un impiego amministrativo per dedicarsi alla macchina fotografica, anche se nel frattempo la sua produzione aveva cominciato a delinearsi, differenziandosi da quella del padre. Per Franca la passione è sempre stata verso la realtà delle persone, la specialità di ognuno nel rispetto profondo di quanto incontrava.

Nel 2008 un nuovo regalo - ma questa volta da parte del marito Vito Ancona - una fotocamera digitale con potenzialità che le erano sconosciute, poi le sperimentazioni attorno al ballo e attorno al tango con la novità di quei movimenti e luci, infine il successo insperato ai primi concorsi di fotografia la convinsero definitivamente ad una professionalità che solo qualche anno prima non avrebbe immaginato. Nel 2010 viene accreditata come fotografa di scena presso la Fondazione I.N.D.A.[2] di Siracusa che cura le rappresentazioni classiche presso il Teatro Greco.

“In teatro la fotografia mi richiede di conoscere anche il testo dell’opera, quest’anno per esempio verrà rappresentata ‘Medea’, per la regìa di Federico Tiezzi : è una tragedia che anche oggi ci interroga perché Medea resta un personaggio sconvolgente, difficile immedesimarsi, ed il suo dramma, la sua strage, resta tuttora quasi un colpo di scena… Ma anche per chi fotografa è indispensabile entrare in lei, prima di scattare mi concentro su quello che voglio ottenere, è così che posso cogliere un particolare che diventa uno scatto fotografico.”

Il termine stesso ‘pathos’ che nella lingua greca antica si contrapponeva a ‘logos’ in quanto genericamente ‘emotivo e non razionale’, oggi è sinonimo di ‘Teatro’ e riguarda da vicino la capacità di suscitare ‘pathos’ nello spettatore che assiste ad un’opera.[3] Ed è forse in questo laboratorio umano sorprendente che è la ‘Accademia d’Arte del Dramma Antico’ che la fotografia diventa per Franca la professione impegnativa che non aveva mai sospettato.

“Qui la fotografia entra come una componente delle prove, gli allievi lavorano sapendo che li sto fotografando e magari, dal risultato di una foto, di un breve filmato dalla lezione, apprendono sulla loro preparazione, si dispongono a correggere, a rifare, a perfezionare…”

La partecipazione alle rappresentazioni della Stagione del Teatro Antico è per gli allievi un valore indiscutibile offerto dall’Accademia, anche se il tempo richiesto professionalmente per provare un testo che verrà rappresentato è di poche settimane.

“Assisto io stessa ad una trasformazione assoluta, quando all’incirca in un mese ognuno di loro ‘diventa’ il ‘suo’ personaggio… Ed il culmine di questa trasformazione ‘umana’ si vive nel backstage, poco prima di andare in scena : vale per gli allievi e vale per gli attori.

Lavorando con loro realizzi che la affidabilità tecnica è un tutt’uno con la persona che ‘ferma’ le loro emozioni, le ore di lavoro serrato, le fragilità anche. Fino a raccogliere fiducia, anche solo un cenno, e a volte persino amicizie che restano.”  

 

A cura di Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 25 maggio 2023

 

 

[1] Orazio Centaro è nato a Siracusa, ma vive da decenni a Roma dove è stato un eccellente fotografo professionale nell’ambiente del cinema e del teatro.

[2] I.N.D.A., acronimo di ‘Istituto Nazionale Dramma Antico’ fu fondato nel 1998 ma le sue attività culturali attorno al Teatro Greco di Siracusa iniziarono già nel 1914 grazie al comitato promotore voluto da Mario Tommaso Gargallo.

[3] Si veda anche https://www.youtube.com/watch?v=qtEa4vZi4XU&t=198s  ‘Anime e pathos’, Video fotografico di Franca Centaro per la Mostra fotografica 6 dicembre 2017 - Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, Facoltà di ‘Lettere e Filosofia’.

 

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