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Erode e il principio di piacere. …Un frainteso socialmente inattaccabile.

“Il mio paziente, che grazie all’analisi recuperò la salute psichica, è caduto durante la grande guerra(1) , come tanti altri giovani ricchi d’ingegno e d’avvenire”/ La nota fu aggiunta da Freud nel 1923 al testo originale de ‘Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, o il Caso dell’uomo dei topi’(2).

Illustrazione originale di Jacopo Ricci(3).

 

 

Un frainteso – banalissimo come la differenza biologica fra maschio e femmina – accompagna il principio di piacere fin da quando Freud volle nominarlo, accortosi che la rimozione di questo era presente in tutte le psicopatologie, da quelle trascurate a quelle gravi.
 
Socialmente inattaccabile resta infatti la ‘vexata quaestio’ se la civiltà possa oppure no convivere col principio di piacere che, per quanto precoce e presente già nel neonato, non si corrompe però  ‘naturalmente’ in lesivo od aggressivo : se non come elaborazione individuale - ed individualmente correggibile  - di una sanzione non più comminabile alla umiliazione subìta.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 20 dicembre 2020



(1)Freud si riferisce alla Prima guerra mondiale (1914-1918).
(3)Illustratore indipendente di Valenza, Jacopo Ricci è nato a Milano nel 1988 : appassionato disegnatore fin da bambino, dopo le scuole superiori decide di farne la sua professione, accogliendo commissioni e collaborazioni. Nel 2018 illustra ‘Dottor Tremarella’  e ‘Guarda Oltre’ (libri autoprodotti). Nel 2019 si avvicina alla serigrafia che gli permette di realizzare i lavori autonomamente, dall’idea fino alla stampa. https://www.facebook.com/jacoporicciillustratore  https://www.instagram.com/jacoporicciillustratore/
(2)“Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva, o il Caso dell’uomo dei topi”, S.Freud (1909) in ‘Sigmund Freud – Casi clinici 2’ Edizione integrale di riferimento, 2013 Bollati Boringhieri editore pp.47-136


Un lettore non indifferente.

“… Il convient d’introduire ici une distinction, classique en philosophie, entre repentir et remords : le premier reconnaît la faute pour mieux s’en separer, goûter la grâce de la convalescence, le second s’y maintient par besoin maladif d’en éprouver les brûlures…”[1]

 

<Rifer. Illustr.: 0_5501475_125008.jpg >

 

‘MEETmeTONIGHT’[2] è la rassegna annuale della ricerca universitaria in Italia e quest’anno ha avuto un unico macro-tema, ‘Il futuro’ : l’appuntamento con la dottoressa Laura Musazzi[3] riguardava gli effetti dello stress sul cervello che - a mio parere - si dimostra ‘un lettore non indifferente’, in quanto può giudicare anche del grado di sofferenza individuale che viene comunicato ai diversi organi per attivare una difesa.

Si sa infatti che, fisiologicamente i neuroni in ognuno di noi cambiano forma di fronte ad un semplice insorgere di ansia e con una progressiva contrazione dei dendriti, deputati a trasmettere segnali agli organi : e pare anche che l’attività muscolare – a cui volentieri diamo spazio quando l’ansia insorge - possa compensare quella contrazione eccessiva o prolungata che produciamo nello stress, e favorire la presenza di neurotrasmettitori benefici, le endorfine.

Mi chiedevo tuttavia se la sola attività muscolare - che può arrivare a rivelarsi persino aggressiva e lesiva come sappiamo dalle frequenti cronache - non possa anche permettere al nostro corpo allenato di produrre carichi sempre maggiori o maggiormente prolungati di stress, con effetti deleteri ed infine incontrollabili.

“L’ansia non è fuori di noi…” mi è sembrata una notazione opportuna all’inizio del ‘talk’, ma insufficiente nella sua definitività : perché, per chi quell’ansia si trova a viverla senza altro placebo che un’attività muscolare corroborata magari farmacologicamente, si tratterebbe di una frustrazione ulteriore difficilmente confessabile.

Penso che se il cervello è quel ‘lettore non indifferente’ del proprio corpo, di cui finalmente cominciamo a sapere qualcosa, allora può essergli relativamente semplice riconoscere ciò che l’ansia individuale suggerisce : e cioè la nostra distanza da ‘un modello’ evidentemente asessuato,  che quindi non ci assomiglia per niente e che però, come dimostra purtroppo la produzione di stress, prima fisiologica e poi patologica, ci espone ad un tiro al bersaglio, incrociato e generalizzato.

 

                                                 Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 11 dicembre 2020

 

[1] “La tyrannie de la pénitence”, di Pascal Bruckner – Éditions Grasset & Fasquelle (2006), pp.53-54.

[2] Aderendo alle norme di contenimento della pandemia da Covid19, la rassegna si è svolta solo online, offrendo tra l’altro una serie di interessanti brevissimi ‘talk’, ciascuno della durata complessiva di venti minuti, incluse le domande dal pubblico e su argomenti molto specifici nelle cinque aree di interesse, ‘Salute’, ‘Humanities’, ‘Smart cities’, ‘Sostenibilità’, ‘Tecnologia’.

[3] Laura Musazzi è professore associato di ‘Farmacologia’ presso il Dipartimento di ‘Medicina e Chirurgia’ dell’ Università degli Studi di Milano-Bicocca : titolo del ‘talk’ di sabato 28 novembre 2020, ‘Un cervello sotto stress’.

“Paure medievali”[1].

 

Competenza e suggestioni.

 

 

 

Si incontrano spesso, competenza e suggestione, magari persino l’una a fianco dell’altra e sebbene contrapposte : Chiara Frugoni[2] riprende qui un tema anticipato in ‘Paradiso vista Inferno’ (2019), quello della convenienza di leggi accessibili nella loro comprensione perché una società possa definirsi civile.

A Padova Giotto raffigurava, nel 1305, ‘Iusticia’ e ‘Iniustitia’ nella Cappella Scrovegni, senza poter ancora rinunciare al religioso, ma già annunciando il peso di ‘Vizi’ e ‘Virtù’ nella vita del Comune : ‘Iniustitia’ siede su un trono che poggia su terreno scosceso, instabile ed ispirerà Ambrogio Lorenzetti a collocare ‘Tyrannides’ proprio all’interno di Siena, città di cui vuole illustrare il risultato sia del buongoverno che della tirannide[3].

In entrambi i lavori, sia Giotto che Lorenzetti ammettevano la necessità di un tramite fra la popolazione e lo Stato che non fosse più rivelazione mistica : ai Governi dunque spettava metter mano a leggi il più possibile chiare e comprensibili, dato che anche i viaggi e gli spostamenti – commerciali soprattutto, ma anche migratori dalla campagna alla città e da Paesi lontani - diventavano frequenti e la gente si incontrava molto più spesso che nel passato.

Non esisteva, per i contemporanei di Lorenzetti, che ‘un’ buongoverno : con lo ‘Studium’, o Università, in posizione centrale nella città, ben inserita fra le botteghe artigiane, svolta nelle case ma pubblicamente e quindi con un titolo che gli studenti potevano spendere onorevolmente, al raggiungimento del diploma.

Tuttavia non era raro il rischio che ‘quel’ buongoverno scivolasse nella trascuratezza di appuntamenti ed interessi - proprio come avviene nell’individuo e persino nel bambino quando improvvidamente delega ad un ordinamento altro e trasversale di cui sa poco ma che lo intriga con vie apparentemente facili e che non richiedono negoziazioni : di qui – segnala Chiara Frugoni – il passo è breve all’unica alternativa possibile che per gli uomini medievali è la tirannide, sottomissione patologica anche psichicamente nell’individuo.

Lorenzetti è dunque favorevole a rendere un po’ meno opache le norme del ‘Buon Governo’, che sia retto da un ordinamento percorribile per essere impiegato nei propri appuntamenti e senza interventi statuali : l’imputabilità di una sanzione che possa essere pensata anche premiale orienterebbe allora il vivere quotidiano molto più produttivamente della minaccia castigatoria.

Mi piace inserire qui una notazione appena raccolta dal recentissimo #MMT20 ‘MEETmeTONIGHT’ 2020, ‘Notte Europea della Ricerca’ e rassegna annuale della ricerca universitaria in Italia : si tratta del brevissimo ‘talk’[4] – venti minuti appena, comprese le domande dal pubblico - del prof. Paolo Tedeschi per il Dipartimento di ‘Economia, metodi quantitativi e strategie d’impresa’ presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca :  possiamo, e come calcolare la qualità - che in Italia è altissima - di un buongoverno in campo agricolo che, oltre a concorrere proficuamente al Bilancio pubblico conferirebbe, ai terreni coltivati, un surplus di abitabilità per i residenti, oltre che di attrattiva turistica per tutti ?

 

                                       Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 2 dicembre 2020

 

[1] ‘Paure medievali’, di Chiara Frugoni - ‘Società editrice il Mulino’ (2020)

[2] Chiara Frugoni è una storica, specialista del Medioevo, ed accademica italiana.

[3] Fra il 1338 ed il 1339, Ambrogio Lorenzetti realizzò, presso il Palazzo Pubblico di Siena e per incarico della suprema magistratura dei ‘Nove’ che governava la città, i tre affreschi parietali nella Sala della Pace con le ‘Allegoria del Buon Governo’ ed ‘Allegoria del Mal Governo’.

[4] ‘Il Covid ed il settore agroalimentare’, venerdì 27 novembre 2020. ‘MEETmeTONIGHT’ 2020, ‘Faccia a faccia con la ricerca’ ha visto coinvolte, come per le precedenti edizioni, le città universitarie italiane attorno ad un unico macro-tema, ‘Il futuro’ e con cinque aree tematiche : Salute, Humanities, Smart cities, Sostenibilità, Tecnologia.

 

“Ogni cosa al suo posto”[1]. Nel cinquecentenario di Raffaello Sanzio[2] da Urbino.

Illustrazione originale di Stefano Frassetto[3].

 


 
Dice il Vasari[4] che Giovanni de’ Santi, padre di Raffaello, felice per la nascita del figlio non volle mandarlo a balia, “ma che la madre propria lo alattassi continovamente” ed intanto, “con tutti que’ buoni et ottimi costumi che fu possibile” il bambino venne subito avviato ed ammaestrato alla pittura nella bottega paterna di Urbino : non appena in età, il padre volle presentarlo alla bottega di Pietro Perugino a Perugia che lo accettò in apprendistato e dove già Raffaello si fece notare per come studiava la maniera di Pietro, imitandolo al punto che non era facile distinguere il lavoro dell’allievo da quello del maestro.

Grazie ai suoi modi fini che ben pochi fra gli artisti suoi predecessori manifestavano, Raffaello ottenne presto commesse altolocate, prima a Siena - dove però già lavoravano Leonardo Da Vinci e Michelangelo - poi a Firenze dove cominciò lui stesso a dar lezioni di prospettiva, nella quale eccelleva e che lo appassionava specialmente, dacchè forse l’urbanistica  e l’architettura costituivano la vera novità per l’artista rinascimentale, non più solo decoratore o poeta ma filosofo e teorico a tutti gli effetti[5].


Conobbe ed apprezzò Albrecht Dürer[6] da cui si fece eseguire alcune incisioni su proprio disegno.


Poco si parla del talento speciale e della sensualità amorosa di Raffaello, che il Vasari coglie nel suo ritrarre fisionomie : cosicchè, ad esempio “La Velata” (1516) e “La Fornarina” (1519ca), che pure si ispirano ad “Amor sacro e Amor profano” (1515) del contemporaneo Tiziano Vecellio, non sono però - come quello - ritratti didascalici, e noiosamente pedagogici.


Tornò a Perugia, fu ad Urbino ospite del Duca di Montefeltro, poi di nuovo a Firenze dove lo chiamavano nuove commesse ed infine a Roma nel 1508, dove papa Giulio II - che aveva ordinato l’abbattimento della basilica vaticana risalente all’imperatore Costantino a causa delle contaminazioni del barbaro Medio Evo – commissionava a Raffaello una serie di affreschi grandiosi per la nuova Biblioteca e Tribunale ecclesiastico nella ‘Stanza della Segnatura’ dei Palazzi Apostolici, dove la teologia risultasse apice ed equilibrio delle umane filosofie.


Raffaello, intanto, che - a differenza di Michelangelo - aveva messo sù una produttiva bottega con valenti collaboratori, arrivò a soddisfare le aspettative del committente, senza rinunciare ad uno sguardo velatamente ironico su ciò che rappresentava : quella enciclopedica opera figurativa alla quale pare sia stato accompagnato passo passo da colti funzionari papali.


E così, la sua “Scuola di Atene” apre allo spettatore un disordine composito con al centro il dibattito infinito fra Platone, reale protagonista dell’affresco che indica il Cielo delle ‘idee’, e l’allievo Aristotele che offre invece la sua “Etica” alla elaborazione umana. Attorno a loro si muovono una quantità di personaggi riconoscibilissimi e ritratti nelle realistiche sembianze di colleghi artisti, contemporanei di Raffaello : Socrate maestro di Platone, Pitagora con la perfezione del numero, il berbero Averroè, Euclide, Eraclito, Zoroastro, Diogene per citarne alcuni.


Nessuno di loro si rivolge allo spettatore, ciascuno è preso dalla propria ‘buona’ teoria che argomenta, e sostiene - quando può - con fedeli discepoli. E benchè i cieli atemporali che illuminano la scena non diano indicazioni sull’ora, la data indica il 31 ottobre 1503, giorno della elezione di Giuliano della Rovere al soglio pontificio col nome di Giulio II.


E’ qui finalmente rappresentata la grandiosità ed armonia dell’Architettura, che sa accogliere ed ugualmente sorreggere e presentare, al pubblico ed alla Storia, il moto ed i tratti di filosofi e studiosi.


Un Ordine dunque precede, accetta il disordine degli uomini e, pur rendendolo manifesto e sgradevole, è capace di elevarlo ed offrirgli spazio ed ascolto ?


Raffaello pare condividere il pensiero del committente ma all’unico personaggio femminile dell'affresco – Ipazia, ragionevolmente, la matematica alessandrina che qui però veste un abito bianco-velato e rassomiglia incredibilmente a Raffaello stesso, pure ritratto al lato opposto e simmetrico – affida quello sguardo preciso che cerca lo spettatore e chiede giudizio, riscontro, risposta, rendendosi così legame di imputazione indispensabile per un beneficio ed una ricchezza.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 12 settembre 2020
 
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[1] “Ogni cosa al suo posto” è il titolo del saggio di Oliver Sacks, pubblicato postumo, in cui il neurologo segnala l’aspetto patologico di malinconia e compulsione, per le quali è condizione indispensabile che ‘ogni cosa sia al suo posto’, anche al costo di manomettere la realtà alla propria fissazione. D’altra parte Sacks indica nel ‘mettere ordine’ la qualità dei pazienti che arrivano a guarire, rendendosi capaci di ‘fare ordine’ a partire dal disordine mentale presente in ogni patologia.


[2] Ricorre nel 2020 il cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio che Giorgio Vasari ricorda in “Le Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri” ‘Nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze 1550’ (Einaudi ‘ET Classici’ 2015, Vol.II p.611 e p.639).“Nacque Rafaello in Urbino città notissima l’anno MCCCCLXXXIII (1483 - ndr), in Venerdì Santo a ore tre di notte… Poi confesso e contrito finì il corso della sua vita il giorno medesimo ch’e’ nacque, che fu il Venerdì Santo d’anni XXXVII (37anni, quindi era il 1520 – ndr)…”


[3] Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’.


[4] “Le Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, Giorgio Vasari ‘Nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze 1550’ - Einaudi ‘ET Classici’ 2015, Vol.II pag.611


[5] Leon Battista Alberti aveva pubblicato il “De pictura” (1435) ed il “De re aedificatoria” (1485), primi trattati teorici che riguardavano pittura, scultura ed architettura.


[6] “Le Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, Giorgio Vasari ‘Nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze 1550’ - Einaudi ‘ET Classici’ 2015, Vol.II pag.629