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“V…va bene così?” “Sì, ma sbrigati dai!”

Giuditta[1], in Caravaggio[2]  (1599).

 

L’ingenuo candore di una troppo giovane e povera Giuditta che, forse per fame, ha accettato la commissione per poi ritrovarsi smarrita e disgustata dal sangue di Oloferne rantolante e ancora vivo, la espone – nell’interpretazione di Caravaggio - alla ricerca di un consenso ingannevole, che non potrà che chiedere all’unico suggeritore presente, la vecchia serva impotente che ha fretta di concludere.

 

 

 

Spartiacque fra la vittima e la sua persecutrice è un sipario rosso, di cupo forse velluto che cala dall’alto senza prese apparenti : e gli applausi vanno senz’altro al magnifico Oloferne-Caravaggio, splendido precursore di quel ‘Grand Guignol’ che a Parigi fece successo per quasi un secolo[3].

Chiamato a rappresentare quel brano biblico assai controverso che entrò nella Bibbia cattolica solo nel IV secolo d.C. in occidente - ed in oriente addirittura nel VI secolo - e che non fu accolto dalla Bibbia ebraica né da quella protestante, Caravaggio interpreta con ragionevolezza e realismo la incerta liberazione della città giudea di Betulia dall’assedio posto da Oloferne, generale assiro - cioè persiano - agli ordini di Nabucodonosor[4] per mano della bella, giovane e ricca vedova Giuditta a cui venne attribuito il ruolo salvifico – ma niente affatto credibile – di capro espiatorio per un assassinio ordito altrove e per opera di chissà chi : nel quadro Giuditta, curva per il peso del ferro viene colta con in mano la pesantissima scimitarra che il Caravaggio descrive sapientemente e già macchiata del sangue altrui, che la orripila quasi come la giovane inserviente chiamata in cucina a sgozzare per la prima volta gli animali da cortile.  

 

                                                           Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 17 gennaio 2020

 

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[1] “Giuditta ed Oloferne”, esposto a Roma a Palazzo Barberini/ Gallerie nazionali d’arte antica, è stato scelto dallo psicoanalista Giacomo B. Contri per il Simposio 2019-2020 “Potere e innocenza”, offerto agli iscritti di ‘Studium Cartello’ a Milano.

[2] Michelangelo Merisi detto ‘il Caravaggio’, nacque a Milano il 29 settembre 1571 e morì a Porto Ercole nel 1610 : i genitori, originari di Caravaggio (Bg) vennero ad abitare a Milano dove il padre era ‘magister’ presso i cantieri delle chiese; fra i 13 ed 17 anni lavorò a bottega, ma non continuativamente e pur con contratto, presso Simone Peterzano, allievo di Tiziano, e presso altri maestri : lasciò Milano nel 1592 e non vi fece più ritorno. La sua pittura, infine apprezzata solo nel XX secolo, creò però fra i suoi contemporanei e successori la corrente del ‘caravaggismo’.

[3] ‘Grand Guignol’ è il nome del teatro di Parigi (1897-1963) dove si rappresentavano spettacoli cruenti con scene di crudeltà a cui correva ad assistere una folta schiera di spettatori entusiasti.

[4] Nabucodonosor, noto come ‘re degli Assiri’ regnò fra il 605 ed il 562 a.C.

 

Stumbling block. Pietra d’inciampo.

Nella foto il grandioso tramezzo del 1529, ritenuto non a torto il più famoso affresco rinascimentale della Svizzera, opera ‘non donata’ da Bernardino Luini ma a lui regolarmente commissionata e pagata come documentano le ricevute rilasciate ai Patrocinatori.

 

 

 

E’ il risorgere : esperienza umana e dunque pensiero ineliminabile, anzi imputabile di valore aggiunto e di ulteriore profitto.
Eppure facilmente scartato... Il Sole sorge senza alcun lavoro infatti (ma non risorge).

Pensavo a questo, trovandomi di fronte al complicato affresco del grande Bernardino Luini, ottimo discepolo di Leonardo Da’ Vinci e qui nella sua maturità professionale, che lo rese maestro ricercatissimo in tutta la Lombardia, Piemonte e Svizzera del Canton Ticino.

Siamo in ‘Santa Maria degli Angioli’, deliziosa e semplice chiesa romanica in posizione appena un po’ arretrata sul lungolago di Lugano : quale visitatore, entrando si aspetterebbe questo amplissimo tramezzo, circa centodieci metri quadrati riccamente dipinti e senza alcuna pausa visiva su cui viene descritta una città vivace, con cavalli guarniti ed eleganti cavalieri, guardie armate e madri coi bambini, passanti e popolani, mercanti in traffico, notari e bottegai colti nel loro quotidiano e provinciale affaccendarsi?

Se non fosse per quelle lance raffinate, puntate contro i tre uomini in Croce, semi ignudi e dolenti ma lassù dove lo sguardo non arriva.
E chi mai infatti vorrebbe essere al loro posto ?

L’eresia dunque serpeggia e ammicca, ma benevola fra gli Osservanti, frati minori provenienti da Milano che intorno al 1473 vennero ben accolti a Lugano per l’opera di pacificazione prestata fra le fazioni cittadine di guelfi e ghibellini e per l’assistenza data ai malati di peste : il convento fu fondato nel 1490 e la prima pietra della chiesa posata nel 1499.

Ligi al ‘modulo bernardiniano’ che prevedeva chiese a navata unica dotate di un tramezzo alto fino al soffitto per separare la zona riservata ai religiosi, i fedeli luganesi venivano qui per incontrare l’Eucarestia e si trovavano invece investiti da prediche cupe e dal nichilismo. La Resurrezione infatti era argomento scomodo in queste chiese e qui infatti la troviamo appena allocata in un angolino su a destra come in una credenza sotto chiave.

Su questa enorme e coloratissima lavagna insomma, la ‘lectio’ dice chiaramente all’assemblea di occuparsi di ciò che ad ognuno spetta sulla Terra e di schivare così la punizione divina, esprimendo invece gratitudine ai Patrocinatori, che nel 1496 rinnovarono la concordia in ricordo della pace già stipulata nel 1445 tra le fazioni di Lugano, per il Potere terreno nel nome di Dio.
 
Titolo del magistrale affresco è “Passione e Crocefissione”, dove Gesù è ridotto ad uno dei tre e dove la ‘imitatio Christi’ - ironizzata - non può essere ambizione umana, ma solo livida premonizione servile.

Ancora presto per quel Concilio di Trento che nella seconda metà del ‘500 dovette richiamare il vigore di Carlo Borromeo Cardinale, Vescovo di Milano e forse unico protagonista, per spegnere la voracità di eresie che erano culminate nello Scisma della riforma protestante ?

Impegnato senza risparmio di forze su un fronte tanto vasto,  quel santo e pur combattuto uomo riuscì almeno con la sua stessa persona a indicare che il risorgere è possibile.

Senza alcuna delega, però.


 
Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 5 agosto 2019

Quel salotto portatile che è il pensiero.

"Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud"[1], di Maria Delia Contri

 


 

Quando ho preso in mano per la prima volta il bel libro di Maria Delia Contri, "Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud", l'illustrazione di copertina ha suscitato tutta la mia attenzione, arrivando a farmi sorridere di piacere.

Perchè in quei pochi metri quadrati tappezzati di legno ed accessoriati nei quali il colto Antonello Da Messina ha rappresentato al lavoro San Girolamo nello studio, io stessa lavorerei volentieri ed ancor più perchè le vetrate al pianterreno e le bifore al p iano primo si affacciano su una florida campagna. Genuino artista di quel Rinascimento italiano che seppe produrre attingendo altrove e non compulsivamente ad esempio alle opere del più conteso Leonardo Da Vinci, Antonello Da Messina ci invita ad entrare in un luogo di lavoro offerto al pubblico senza inibizioni private.

E' il primo passo di un viaggio che si rivelerà coinvolgente fra le pagine che Maria Delia Contri offre con garbo al lettore, recuperando un pensiero nuovo da una rimozione antica e riaffidandolo ad un corpo tornato volentieri su questioni individuali rimaste troppo a lungo e faticosamente sospese.

La ragione dopo Freud accetta infatti di tornare laddove il pensiero non trovava soluzioni, a quel principio economico di convenienza[2] che fa appuntamento con l'offerta  dell'altro ma, trovandosene umiliato, erige ad ingenua difesa il muro ghiacciato dell'inibizione.

"Gli affetti piacevoli o spiacevoli sono pensiero, sono giudizio, sono sanzione che il pensiero dà di una forma del rapporto... Noia e angoscia sono due affetti strettamente imparentati : la noia come pensiero del vuoto di soddisfazione che la sottomissione... comporta.... L'angoscia come pensiero della contraddizione, logica inerente ad un rapporto che per definizione si presenta come impossibile.[3]

Tre lemmi, Ordine Contrordine Disordine, che aprono al lavoro del pensiero individuale anche nella patologia e che danno "senso alla raccolta dei testi... da me scritti – spiega l'autrice – come materiale per la discussione dei Seminari dello Studium Cartello e poi, dei Simposi della Società Amici del Pensiero nel corso di una decina d'anni dal 2014 – 2015 al 2003-2004..."

Dei tre, è il lemma Disordine che mi ha richiamato anzitutto : quella isteria quotidiana che Freud lucidamente segnalò nel pensiero individuale e che oggi, ad esempio, si malcela nelle nebbiose diagnosi delle troppo spesso e superficialmente riferite DSA[4] scolastiche... Disordine faticoso e con danno, che teme tuttavia di nominarne l'autore, rinunciando così al profitto del riordinamento.[5]

Eppure non è 'disordine' anche quella benefica miniera in cui un bambino individua senza esitazione ciò che vuole, materia prima del 'desiderio' da realizzare ?

Un 'ordine', ordinamento individuale non può logicamente farsi Ordine, 'luogo comune' compulsivamente imposto e non ragionevole come non lo è nessuna rimozione...

Il lavoro di Maria Delia Contri accompagna il lettore quindi a quell'errore ingenuo e troppo a lungo trascurato che è il Contrordine : difesa inefficace oltretutto, come il corpo dolorosamente confessa nella patologia.

Ma sarà, e del tutto incredibilmente, proprio il patologico ed individuale Contrordine del pensiero isterico che si oppone sine lege, e quindi senza ragione, all'esperienza di soddisfazione in quanto rimossa e quindi non più ripetuta, sarà quel Contrordine infine a farsi 'materia prima' nel lavoro analitico, fino ad individuare l'hortus conclusus[6] rimosso, esperienza di soddisfazione allontanata e mai dimenticata.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 15 marzo 2017

 

 

[1]             Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud, Maria Delia Contri 2016 SIC Edizioni 

[2]             Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud, Maria Delia Contri cit.: p.16

[3]             Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud, Maria Delia Contri cit.: p.12

[4]             DSA, Disturbi specifici dell'apprendimento : in Italia la Legge 170/10 riconosce il diritto dei bambini con diagnosi di DSA a strumenti didattici e tecnologici di tipo compensativo ed a misure dispensative.

[5]             Ordine Contrordine Disordine. La ragione dopo Freud, Maria Delia Contri 2016 SIC Edizioni p.47 : Per una dogmatica giuridica alla prova del caso individuale.

[6]             Ordine contrordine disordine. La ragione dopo Freud, Maria Delia Contri 2016 SIC Edizioni p.133 : Hortus conclusus.

Conversazione con… Nevia Gregorovich.

Rinascimento, ed un insolito Leonardo Da Vinci.

 

Qualche mese fa Nevia Gregorovich ha presentato a Milano, su invito della ‘Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente’ di Via Turati una lezione sulla danza nelle corti rinascimentali, passione a cui neppure la severità di Leonardo Da Vinci (1452 – 1519) - di cui Milano celebra quest’anno il 500° dalla morte - riusciva a sottrarsi.

Nata in Istria, a Parenzo dove aveva trascorso l’infanzia, nel 1956 Nevia Gregorovich si trasferì coi genitori a Milano, dopo aver atteso otto anni e finalmente ri-ottenuto la cittadinanza italiana : potè così proseguire gli studi scolastici insieme allo studio del pianoforte, fino a laurearsi al Conservatorio ”Giuseppe Verdi” e successivamente a perfezionarsi, specializzandosi anche in ‘danze rinascimentali’. Ha poi insegnato Storia della musica alle scuole superiori e svolto attività concertistica in duo pianistico, sia in Italia che all’estero, scegliendo infine però la pittura come arte a lei più congeniale per esprimersi. Ha due figli e due nipotine : si racconta qui in prima persona.

 

 

  1. Nel Rinascimento si chiedeva agli artisti di ritrovare ‘le regole’, della costruzione e della composizione e tale era il compito anche per il musicista : attraverso le nuove teorie sull’armonia si scopriva la tridimensionalità, e la musica diventa anche strumentale.

“Leonardo aveva trent’anni  quando fu mandato da  Lorenzo il Magnifico  presso il Duca Ludovico Sforza a Milano : e gli portò in dono  una LIRA poiché “…unico era in suonare tale strumento”   (scriveva il Migliorotti[1]). Sappiamo dal Vasari[2]  che era un bravo musicista  e che aveva costruito questa lira in argento  a forma di una testa di cavallo da lui ideata “acciò che l’armonia fosse con maggior tuba e più sonora voce”. Quindi si occupava anche di acustica nella ricerca della amplificazione del suono.  A Milano partecipava con quello strumento anche a gare indette a corte tra musici esperti e li superava tutti. Era scenografo nelle rappresentazioni teatrali. Costruiva macchine semoventi, ed anche una specie di ‘faro’ da palcoscenico progenitore di quello che conosciamo oggi come ‘occhio di bue’, per illuminare i  personaggi in scena[3].”

  1. Le feste del  Rinascimento, pittura e musica … Perché erano così importanti?

“Perché dovevano esprimere la magnificenza di quel momento  che venne definito dal Vasari come una ‘rinascita’ con un epicentro ben preciso,  la penisola italiana. La quale non aveva grandi sovrani, ma una classe dirigente ricca, colta, raffinata e ambiziosa che si batteva con le armi della bellezza e dell’innovazione e pure con quelle vere per la conquista dei territori : ma quando si riposava o quando andava a nozze e per festeggiare una vittoria,  amava svagarsi e divertirsi. In tutte le corti d’Italia i signori organizzavano feste straordinarie dove nei  loro palazzi abbelliti da capolavori  scultorei e pittorici gli invitati da tutta Europa si destreggiavano in tornei e in danze, in spettacoli teatrali e musicali, riuniti in convivio. Nascono i primi trattati di danza con Domenico da Piacenza[4] e Guglielmo Ebreo, perché le danze di palazzo devono essere diverse da quelle del  popolo.  Interpretando quelle prime coreografie i passi richiedevano movimenti ora lenti, ora strisciati e saltellati morbidi. Un buon cavaliere a palazzo doveva conoscere il galateo[5], essere perfetto  nelle movenze e saper andare a tempo  per corteggiare la sua dama con stile ed eleganza.” 

  1. Il lavoro delle mani in musica ed in pittura… 

“Come pianista è il mezzo che mi permette di dominare lo strumento in tutti i sensi: le dita agganciano in azioni prensili i tasti bianchi e neri con pressione dominata per sprofondare mentalmente in cordiera, tanto che le vibrazioni arrivano al cuore e portano spesso alla commozione.  In pittura invece il tocco della mano con il pennello che si stende ora in sottili tratti, ora in ampie stesure è quasi un desiderio di liberazione e di felicità nell’uso del colore, da poter distribuire… ’a  piene mani’.” 

  1. Pittura e musica: la prima non si può ritoccare, la seconda richiede continua interpretazione. Qual è stata la sua esperienza col pubblico ? 

“La pittura è un’arte statica e quando  l’autore decide che il suo disegno, su qualsiasi supporto, sia concluso, non lo tocca più. Il suo quadro non cambierà mai in avvenire.  La musica invece è un’arte dinamica e ha bisogno di un esecutore per interpretarla e farla arrivare al fruitore. Ma l’opera d’arte rimane la partitura scritta. Mi pare chiara la differenza. Per un concertista l’interpretazione è spesso legata a canoni fissi di esecuzione e a virtuosismi funambolici che ti costringono a ripetizioni estenuanti per mantenere le dita in agilità e in memoria. La pittura invece è il mio luogo d’anima – “to hear with eyes” - come mi ha descritto Flaminio Gualdoni[6] : e  mi piace il confronto diretto con gli altri per mettermi in gioco creativo continuo per trasmettere e carpire emozioni.” 

  1. Lei ha sperimentato anche l’arte dell’incisione. 

“Ho frequentato la scuola di incisione con il maestro Gigi Pedroli  in Alzaia Naviglio Grande a Milano dove, tra lastre, bulini, tarlantane, acidi, colori, polveri, morsure e fuochi, appoggi il lavoro sul torchio con la carta umida sotto, poi lo copri con un panno e… via! Con  ritmo lento e costante giri la ruota… Ecco, il momento tanto atteso ha dell’indefinibile : il cuore accentua i battiti, l’ansia ti stringe la gola e con timore sollevi piano piano il panno, con pollice e indice della mano… Il miracolo è compiuto. Che ti piaccia o no.” 

  1. Nel 1956 ri-ottenne di mantenere, secondo quanto era stato chiesto dai suoi genitori ancora nel 1948, la cittadinanza italiana pur abitando in Istria, che ormai era passata alla Jugoslavia di Tito[7] : da Trieste la vostra famiglia fu quindi smistata verso Milano. Come ricorda quel trasferimento ? 

“Come un’esperienza surreale, quasi completamente da me rimossa. Concretamente fu il passaggio dalle stalle di una reggia (il C.R.P. – Centro Raccolta Profughi) della Villa Reale di Monza alle stelle di una casa nuova a Milano, finalmente dopo quattro anni, per riprendere una vita ‘normale’, intensa e ricca di affetti. Amo la mia Milano, città di cui mi sento figlia adottiva, dove ho trovato le mie ragioni di vita.” 

  1. Lei ha definito la storia della Repubblica di Venezia, una storia di ricchezza… 

“Oggi si studia poco dei fasti della civiltà della Repubblica di Venezia. Per mille anni Venezia ha mantenuto la sua Costituzione davvero molto originale e straordinaria, e senza rivoluzioni tanto che si mantenne come Stato solido e forte e come una grande potenza mondiale, attiva nei commerci internazionali, nelle arti, nella moda, nella cultura, nei mestieri.

Per Venezia la cosa più bestiale e sensazionale, che avvenne dopo il trattato di Campoformio[8] per ‘merito’ di Napoleone, fu che passò alla storia come se non fosse mai esistita, assieme alla mia Istria.  Per effetto della imbecillità umana quando si producono dimenticanze, avviene qualcosa ad effetto contrario, la negazione cioè. Potenza di Napoleone e dei Francesi ?

Ma per l’Istria, la mia terra, il destino è stato peggiore : a causa delle politiche nazionaliste e dell’esodo dei 350.000 italiani alla fine della II° Guerra mondiale, l’Istria si è vista rubare la sua cultura bimillenaria facendola passare per ciò che non è mai stata… Ah!”

 

 

                                                         Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 16 dicembre 2019 

 

 

[1] Atalante Migliorotti (1466 – 1532 ca) fu musicista e liutaio, allievo ed assistente di Leonardo Da Vinci (1452 – 1519) : nel 1493 Isabella d'Este gli ordinò una chitarra e nel 1505 scrisse in un messaggio al marchese di Mantova che aveva costruito una lira a dodici corde.

[2]

[3] La ‘Festa del Paradiso’, che si svolse a Milano nel 1489 al Castello di Porta Gioia fu orchestrata da Leonardo Da Vinci, al quale Ludovico Sforza detto il Moro chiedeva spesso di intervenire in occasione di feste ed eventi, per produrre non solo effetti e marchingegni che sorprendessero gli invitati e la corte tutta, ma anche musica originale per l’occasione.

[4] Domenico da Piacenza (1390 – 1470 ca) fu maestro di ‘buone maniere’ ed esperto danzatore alla corte della famiglia d'Este a Ferrara. Viene spesso citato dall’allievo Guglielmo Ebreo col quale danzò a Milano nel 1455 in occasione del fidanzamento di Ippolita, secondogenita di Francesco I Sforza e Bianca Maria Visconti, con Alfonso duca di Calabria figlio di Ferdinando d'Aragona. Viene ricordato per aver fatto accettare nelle corti la danza come arte liberale con pari dignità rispetto alla musica ed alla pittura, legittimando quindi anche la professione del ballerino : fu infatti nominato cavaliere, una delle più alte cariche a cui potesse ambire un uomo che non fosse nobile di nascita. Produsse il trattato ‘De arte saltandi et choreas ducendi/De la arte di ballare et danzare’.

[5] ‘Galateo overo de’ costumi’, di monsignor Giovanni Della Casa, pubblicato postumo nel 1558 è il primo testo completo e deriva il nome dal vescovo Galeazzo Florimonte che ne suggerì la stesura : riguarda quell’insieme di norme di comportamento codificate socialmente, identificative di un gruppo o di una categoria sociale in una determinata epoca.

[6] Flaminio Gualdoni, nato a Cuggiono nel 1954 è docente all’Accademia di Brera, scrittore, storico e critico d'arte.

[7][7] Josip Broz Tito (1892-1980), originario della Croazia condusse nella II°Guerra mondiale una guerra partigiana contro l’occupazione tedesca, in accordo con gli Alleati che lo sostenevano : a guerra finita, divenne dittatore della Jugoslavia – e tale rimase fino alla sua morte - secondo un regime comunista ‘non allineato’ con repressione delle minoranze e che lo portò ad uscire dal ‘Patto di Varsavia’ con l’U.R.S.S.

[8] Il Trattato di Campoformio fu firmato il 17 ottobre 1797 da Napoleone Bonaparte, già comandante in capo dell'Armata d'Italia e dal conte Josef von Cobenzl, rappresentante dell'Austria : una conseguenza di questo trattato fu la fine della Repubblica di Venezia che veniva ceduta, insieme all'Istria e alla Dalmazia, all'Austria che, in cambio, riconosceva la Repubblica cisalpina.