Loading color scheme

Soluzioni costruttive.

Un intervento di Marco Ruffilli a Milano, 9 novembre 2019

Nella foto, particolare del glkhatun (XIII secolo d.C.) nel Monastero dei Santi Apostoli (Surb Arakelots Vank) presso Kirants (provincia del Tavush, nord dell'Armenia).

 

 

Un intervento di Marco Ruffilli[1] a Milano, nel corso dell’annuale (XXIII) Seminario Armenistico Italiano dell’Associazione Culturale Padus-Araxes (MIlano, 9 novembre 2019).

 

 

Circondati come spesso siamo dai ‘già detto’, non facilmente riconosciamo l’inedito, reale novità.

Non solo una singolarità dell’architettura medioevale, e oltre, ha presentato Marco Ruffilli lo scorso 9 novembre a Milano[2], nel suo ricco intervento: perché lavorando sui testi e i documenti prodotti da Giulio Ieni[3], studioso colto e poliedrico che si rammarica di non aver potuto conoscere di persona, Marco Ruffilli ha individuato un tema significativo, tuttora in parte trascurato che riguarda il glkhatun armeno (o darbazi georgiano), “caratteristica soluzione di copertura di un vano quadrato […] risolta mediante un sistema di lastre in pietra o, assai più spesso, di tavole lignee e travi che, sovrapposte sfalsate con un progressivo aggetto, disposte in parallelo o ruotate ad angolo di 45°, riducono la luce d’imposta attraverso orizzontamenti successivi, restringendola gradualmente verso l’alto”[4].

Una soluzione escogitata dalle maestranze balcaniche e transcaucasiche, rinomate per la loro competenza nel costruire, ma “rarissima nel mondo bizantino” e che perciò “sconta una fama periferica e popolare”, ha spiegato Ruffilli.

“Intendiamo soffermarci in questa sede [...] su qualche [...] esempio balcanico mal conosciuto – insiste Giulio Ieni – e che pure presenta coperture siffatte: la chiesa di Agios Theodosios [XII sec.] presso Panariti in Argolide, Grecia, quella di Shën Gjrgji [XVI-XVII sec] a Dema in Albania, e la singolare cucina  (magernica) [ante XIX sec.] del monastero di Rila, nella Bulgaria occidentale”[5].

Continua Ieni: “Si tratta di una soluzione ingegnosa che risponde appieno all’esigenza funzionale contingente con un rigore geometrico e un’eleganza formale del tutto esemplari.

Anche in questo caso [delle cucine, n.d.A.], tuttavia, non è chiaro quale potesse essere il prototipo d’origine, dal quale doveva derivare una configurazione generale tanto evoluta e, pur sempre, isolata nella produzione architettonica locale. Non certamente dall’antica tradizione tracia, che dobbiamo anzi considerare obiettivamente perduta con le invasioni slave e proto-bulgare nella penisola balcanica; non dalla tradizione bizantina od ottomana, in cui ambienti similari venivano solitamente coperti mediante una calotta sferica o una volta conica provviste di uno sfiatatoio in chiave; forse dalla pratica costruttiva moldo-valacca che ricorreva talora a realizzazioni analoghe, seppure più modeste, come nel caso della cucina del monastero di Văcăreşti a Bucarest, XVII-XVIII secolo […]”[6].

“Donde provenga un simile procedimento tecnico, del tutto eccezionale in ambito bizantino, ove era invece generalizzato il ricorso ai pennacchi sferici per ogni possibile raccordo fra quadrato di base e cerchio d’imposta, non è affatto semplice, al momento, definire con esattezza”[7].

D’altra parte l’oggetto architettonico non occupa solo il posto di soluzione contingente ma anche di prototipo per ideazioni future[8]: il lavoro umano, traducendo la realtà in ‘reale’, rendendola cioè fruibile, si fa oggetto che può essere osservato soppesato superato. È "il tema – spiega Ruffilli – dell'architettura ‘raffigurata’, che Ieni affronta considerando sia la presenza del modello della chiesa all’interno della scena votiva [...], in una dimensione dunque meta-artistica (arte che raffigura altra arte), sia la funzione pratica del modello nella prospettiva dell’artefice”.

In un articolo recente, Ruffilli ha esaminato le origini critico-filosofiche della metafora del cristallo utilizzata da Cesare Brandi per illustrare l'architettura armena[9]. Brandi ribadisce nel 1968 la relazione storica tra architettura europea medioevale e architettura armena − da altri in quegli anni ridimensionata − sulla base “di un rapporto, che anche storicamente ci fu all’epoca delle Crociate, quando l’Armenia era l’unico stato cristiano che sovvenisse ai crociati”[10].

“La metafora [...] del cristallo [...] rende ragione della particolare volumetria delle chiese armene […] e sicuramente possiede un pregio evocativo tale da richiamare subito l’accuratezza della struttura e la perfezione delle forme”[11]. Brandi vi ravvisa un'astrazione alla quale del resto, nella teoria dell'arte, già Wilhelm Worringer aveva attribuito "il compito primario di rappacificare l’uomo con la natura, facendosi criterio d’ordine, di sistemazione nello spazio, tale da non lasciare margini d’inquietudine”[12].

Allo stesso modo, per indicare la densità delle questioni che pone il khatchkar – la tradizionale stele con la croce scolpita, diffusa nei territori tradizionalmente abitati dagli Armeni e talvolta installata anche in diaspora[13] – Giulio Ieni afferma che “bisogna ricorrere ai parametri del pensiero arcaico che contraddistinguono perennemente vaste zone dell’umano”[14].

Ed è qui, a mio avviso che lo studioso attinge ragionevolmente all'esperienza onirica neonatale, quella che fonda i costrutti mentali delle età successive e i pensieri strutturati dal linguaggio : secondo sentieri trascurati dall’inconscio e sfuggiti al consapevole, ma non imperscrutabili perché presenti e fruibili nella meta che offrono.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 8 febbraio 2020

 

 

[1] Marco Ruffilli è laureato in Lettere Classiche all'Università degli Studi di Milano e in Lingue e Culture del Mediterraneo e del Medio Oriente all'Università Ca' Foscari di Venezia. Svolge un dottorato di ricerca all'Università di Ginevra e ha ideato il Seminario sull'Arte Armena che ha luogo ogni anno accademico presso l'Università Ca' Foscari.

[2] Nel corso dell’annuale (XXIII) Seminario Armenistico Italiano dell’Associazione Culturale Padus-Araxes.                                  

[3] Giulio Ieni (1943-2003), archeologo, storico dell'arte e dell'architettura, ha dedicato i suoi studi soprattutto al mondo bizantino, balcanico, armeno e georgiano, oltre che ad alcuni complessi monumentali del Monferrato.

[4] G. Ieni, Alcune soluzioni costruttive fra Armenia e Regione Balcanica, "Bazmavep. Revue d'études arméniennes" 3-4 (1981), pp. 412-423, poi in Giulio Ieni (1943-2003). Il senso dell'architettura e la maestria della parola, a c. di C. Devoti, A. Perin, C. Solarino, C.E. Spantigati, Edizioni dell'Orso, Alessandria 2015 (Fuori Collana, 149), pp. 65-73: p. 65.

[5] Ivi, p. 70.

[6] Ivi, p. 72.

[7] Ivi, p. 71.

[8] G. Ieni, La rappresentazione dell’oggetto architettonico nell’arte medievale, con riferimento particolare ai modelli di architettura caucasici, in Atti del I Simposio di Arte Armena (Bergamo, 28-30 giugno 1975), a c. di G. Ieni & B.L. Zekiyan, Tipografia Armena di San Lazzaro, Venezia 1978, pp. 247-264.

[9] M. Ruffilli, Una fortunata metafora di Cesare Brandi: le «chiese di cristallo» degli Armeni, “Venezia Arti” 27 (2018), pp. 131-139.

[10] C. Brandi, Una mostra di architettura medioevale a Roma. Le chiese di cristallo. Gli edifici armeni costruiti intorno al decimo secolo presentano assonanze con l’edilizia sacra romanica e gotica – Un catalogo che stimola le polemiche,  "Corriere della Sera", 5 luglio 1968, p. 3. È la recensione che Brandi fece della mostra fotografica di edifici armeni (Roma, 10-30 giugno 1968), allestita per documentare i risultati della missione in Armenia dell'Università La Sapienza.

[11] Ruffilli, Una fortunata metafora di Cesare Brandi..., cit., p. 132.

[12] Ivi, p. 134.

[13] Così anche a Milano, in piazza Sant'Ambrogio. Queste stele sono un vero simbolo dell'identità armena, a tal punto che quelle del cimitero di Giulfa, nell'exclave azera del Nakhicevan, sono state oggetto, per ordine delle autorità dell'Azerbaigian, di una distruzione sistematica tra il 1998 e il 2005.

[14] G. Ieni, "L’arte dei Khatchkar", introd. a Id., Khatchkar: croci di pietra armene/Armenian Cross-Stones/Croix en pierre arméniennes, cat. della mostra, s.n., Venezia 1981, ora in Giulio Ieni (1943-2003)..., cit., pp. 75-83: p. 81.

 

Renè Magritte[1] : une belle difference.

Renè Magritte (1899 Lessines / Belgio, 1966 Bruxelles) fu uno dei maggiori rappresentanti del ‘surrealismo‘ in pittura, movimento fondato da Andrè Breton che fu anche suo appassionato collezionista.

Illustrazione originale di Stefano Frassetto (6).

 

 

 

“Ecco Popaul, mio fratello che è un imbecille perchè non gliene importa nulla di nessuno, e Raymond che è anche peggio; questo è mio padre e quella, la governante, è la sua amante e questo è un figlio bastardo...“[2] 

Magritte ha diciannove anni quando con un amico si presenta a pranzo dal padre, apostrofando i presenti con insolenza : era ancora lo stesso Renè, però quattordicenne che si aggirava tutti pomeriggi al cimitero appena dopo il suicidio della madre Règina ? A novembre si sarebbe iscritto al liceo di Charleroi, ma pochissime sono le notizie di quegli anni su cui Magritte stesso evitava di  parlare, così come delle sue opere che si rifiutava di giustificare al pubblico. 

Nel 1916 incontra Georgette che sposerà nel 1921, finito il servizio militare e che sarà sua amata compagna per tutta la vita : la loro casa a Bruxelles divenne la sede del movimento surrealista in Belgio e dei sabato sera trascorsi a ballare nelle feste in maschera con gli amici restano alcuni video casalinghi in cui Magritte sorride, finalmente riposato.[3] 

Nel 1923, quando già esponeva quadri, resta profondamente colpito dal “Canto d’amore“ dipinto nel 1914 da Giorgio De Chirico che Magritte vede al MOMA di New York e che, solo nel 1938 commenterà nei suoi “Ecrìts“ : “Questa poesia trionfante ha sostituito l’effetto stereotipato della pittura tradizionale. E‘ una completa rottura con le abitudini mentali proprie degli artisti prigionieri del talento, del virtuosismo e di tutte le piccole specialità estetiche. E‘ una visione nuova nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e ode il silenzio del mondo.“ 

Di questa novità che non lo fa dipendere da uno ‘stile‘ sebbene venga considerato uno dei maggiori rappresentanti del ‘surrealismo‘[4], il primo quadro di Magritte è “La finestra“ (1925) seguiti : da “Il doppio segreto“ (1927), “Tentativo impossibile“ (1928), “La risposta imprevista“ (1933), per citarne solo alcuni che segnarono il suo lavoro.

Ma le astruse regole dei surrealisti, che ruotavano attorno ad una religiosa sequela del fondatore Brèton e che già avevano provocato al gruppo scismi e divisioni, allontanarono Magritte e la moglie che nel 1929 tornarono in Belgio, anche per ragioni economiche da Parigi dove per alcuni anni si erano stabiliti.

Nel 1934 lo stesso Brèton, forse preoccupato da una rottura con chi godeva già di un discreto successo, propose a Magritte di preparare la copertina per “Qu’est-ce que le Surrèalisme ?“ con la conferenza tenuta da Breton. E Magritte presentò a Brèton “Le viol“ (1934) con queste parole : “Spero che questo progetto di copertina vi piacerà; credo anche che sia eccellente da un punto di vista pubblicitario.“ 

Ironico e distante come solo l’onirico può, persino nella denuncia più feroce, in “Le viol“ Magritte bruscamente si arresta, calandosi nella parte a lui odiosa del sadico. Attraverso questo quadro dolorosissimo egli arriva, poco alla volta a ricostruire una responsabilità insospettata di Règina e del suo suicidio, di cui fin da quel lontanissimo 1912 Magritte si era ritenuto irragionevolmente  imputato, intorno a lui il silenzio greve ed ostinato di quanti sul gesto terribile di Règina non avevano voluto tornare, parlare, sciogliere. 

Magritte affronta in questo quadro, che ripeterà solo una volta e con maggior chiarezza nel 1945, un tema a lui nuovo, quello della difesa del corpo : e dovrà, con molta sofferenza ammettere che Règina, pur di mantenere il candore ingenuo dell‘ “anima bella“ aveva scelto di rinunciare a difendersi e, tacendo a rivolgere contro sè stessa le gravi responsabilità di altri. 

La ‘non‘ innocenza di Règina, e di ogni donna ingenua ma nello stesso tempo rigida nella sua ingenuità, allontana definitivamente Magritte dalla donna che ‘era stata‘ anche sua madre. 

E‘ un tema, quello della difesa del corpo femminile a cui l’arte ha dedicato moltissimo lavoro : il pittore rinascimentale Giorgione, affidando con una capacità davvero surreale la difesa della donna al partner maschile richiama ne “La tempesta“ (1502-1503) “Il tentativo impossibile“ (1928) di Magritte. 

E‘ la donna, secondo Magritte, che anzitutto rinuncia alla difesa offrendo l’ingenuità, persino solo virtualmente, di un nudo che le sarà fatale proprio nell’ostentare una ‘bella‘ in-differenza, cioè ‘nessuna-differenza‘, all’altro. 

La critica di Magritte, individuale forte e socialmente condivisibile, alla nevrosi si rende funzionale, da questa  sua prospettiva assolutamente nuova alla rinuncia al rapporto, ed a una partnership con l’altro quando la partnership sia affidata esclusivamente ad una funzionalità fallica, astratta ed imperativa e quindi ad una vigorosa resistenza ad imputare le offese. 

La seduzione ingenua, che nel successivo lavoro del 1945 viene accentuata dalla morbidità di un corpo femminile che si sovrappone alla indisponibilità del suo sguardo passa, nella ricostruzione di Magritte, attraverso la inespressività di un oggetto-che-non-imputa-nulla e che può quindi farsi immediatamente consumabile. Un tema, quello della ‘seducente indisponibilità‘ che trova, e tuttora nell’arte il suo pubblico di appassionati  : si pensi alle inquietanti muse dei ‘Preraffaelliti‘[5]

Quella capacità così frequente in Magritte di trasformare il grottesco dei ‘perchè‘ a cui egli non poteva rispondere nella leggerezza di un sospeso che rendesse ancora possibile trovare soluzioni manca quindi del tutto, e comprensibilmente in “Le viol“: ed il vuoto, in questo quadro ha un posto preciso dal quale segna lo spettatore.

 

                                                                                           Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 9 gennaio 2020

 

 

 

[1] Renè Magritte (1898, Lessines (Belgio) – 1967, Bruxelles)

[2] “Renè Magritte. Catalogue raisonnè”, a cura di D. Sylvester e S. Whitefield, 5voll.; “Magritte”, a cura di D. Sylvester – Torino 1992; “R. Magritte. Ecrìts complets”, a cura di A. Blavier – Parigi 1979.

[3] Video presentati in occasione della mostra organizzata a Lugano dal MASI, 16 settembre 2018 – 6 gennaio 2019 “La ligne de vie“, titolo di una rara conferenza che Magritte tenne al Musèe Royal des Beaux-Arts d’Anverse (Belgio) in omaggio ai surrealisti ma parlando della propria opera.

[4] Il‘Surrealismo’ nacque in Francia negli anni ’20 come movimento d’avanguardia ed ispirò non solo la pittura ma anche la letteratura ed il cinema : tuttavia in Magritte non vi è quell‘automatismo psichico’ con cui i surrealisti indicavano l’inconscio.

[5] I tre maggiori pittori preraffaelliti furono : John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti e William Hunt. La Confraternita nacque, si sviluppò e si esaurì nella sola Gran Bretagna.

(6) Stefano Frassetto è nato a Torino nel 1968. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Torino, ha iniziato come vignettista e disegnatore per alcuni giornali locali. A metà anni novanta ha cominciato a pubblicare anche in Francia, prima col mensile ‘Le Réverbère’ e in seguito col quotidiano ‘Libération’ : passato a sviluppare l’attività di fumettista col personaggio di Ippo per ‘Il Giornalino’ e poi la striscia ‘35MQ’ per il quotidiano svizzero ‘20 Minuti’, con l’anno 2000 fa il suo esordio su ‘La Stampa’ come ritrattista per le pagine culturali e per l’inserto ‘Tuttolibri’, poi per il settimanale culturale ‘Origami’. Oggi è anche ritrattista e illustratore presso il quotidiano svizzero ‘Le Temps’.

 

Robert Doisneau, chasseur d’images.

Ciò che l’occhio non aveva ancora colto, ma che fa ‘catturare l’immagine’/ Riferim. illustraz: 0_5419075_125008.jpg

 

 

 

“Mi sento euforico ad osservare… fino a non poterne più”.[1]

 “Si arriva in un luogo, mi piace, c’è qualcosa… c’è un attimo decisivo in cui tutto è in armonia, fra le cose intorno… Poi le persone si mettono nella foto e click, è fatta!

E’ molto stressante, quando scatto l’immagine, perché : la perderò ? …no, è bella!” 

Allontanatosi giovanissimo dalla famiglia e dalla periferia, che “…odiavo fino a desiderare di distruggerla…” ricorda Doisneau, a ventidue anni incontra Pierret e decidono di sposarsi subito : Robert lavora portando con sè la moglie e presto le due figlie, Annette e Francine e poi cognati, amici come una movimentata tribù da cui non si separerà mai.

Sono gli anni, fra il 1934 ed il 1938, del suo lavoro come operaio in ‘Renault’.

“ ‘Renault’ non ha alcun senso dell’umorismo – commenta Robert a proposito del datore di lavoro – e riesce a governare solo incutendo terrore…” I servizi fotografici nella fabbrica ‘Renault’ e soprattutto le critiche al ‘sistema’, le frequenti assenze per correre in laboratorio a sviluppare le pellicole non piacciono a Monsieur Renault ed arriva il licenziamento. Doisneau comincia però a prendere sul serio la ‘fotografia’ e dai servizi occasionali venduti ai giornali arriva a procurarsi incarichi più duraturi. 

E’ già il tempo della propaganda nazista, e poi di quella che Doisneau chiama la “fottuta guerra…” E lavora con un socio, Paul Baravet detto Babà che gira Parigi in bicicletta per portare le foto ai clienti e che, con la sua aria innocente riesce a salvare tantissimi dalla deportazione e dai campi di concentramento. Robert si rifiuterà sempre di fotografare l’indicibile, anche nelle sue foto più dure prevale l’aspetto leggero della vita.

C’è “…molta povertà dappertutto e vita amara a Parigi, ma si può pensare che la gente sa divertirsi”, commenta tornando a fotografare la periferia, e ne osserva attentamente le dimensioni, i nuovi colori.

“Per scusarsi, hanno colorato…”, dice senza mai essere caustico. 

L’occhio non raccoglie subito ciò che fa ‘catturare l’immagine’ : è solo dopo, in laboratorio sviluppando la pellicola, che ‘quel’ particolare che lo scatto aveva raccolto prima di averlo registrato, finalmente si rende evidente. E Robert se ne rende conto confrontando il risultato con ciò che non ricordava di aver visto.

Più tardi, quando nascerà la ‘Fotografia umanista[2]’ che è già una concezione di vita e della quotidianità e non invece regole prestabilite, Doisneau nominerà per la prima volta l’ ‘inconscio ottico’ che ben orienta verso quel ‘prendere’ dell’occhio che ‘cattura’ e che infatti è secondario al ‘contatto’ riservato alla pelle. 

“Negli Stati Uniti la gente balla tenendosi ad una certa distanza…”, osserva Robert e sembra divertito durante il suo soggiorno negli anni ’80, quando già lavora per il settimanale ‘Life’.

Sono gli anni in cui, proprio negli Stati Uniti nasce il mercato della fotografia :  Doisneau presenta un proprio portfolio, curato da Monah Gettner, attrice presente nel film-documentario “Robert Doisneau, le rèvolte du merveilleux”.

Ed inaspettatamente il lavoro di Doisneau verrà raccolto dai maggiori fotografi americani che sapranno rendersi i migliori interpreti di questa nuova arte.   

“Tu scatti – diceva Robert Doisneau – e fa già parte del passato”. 

     

                                                 Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 29 novembre 2019 

 

 

 

[1] La citazione, come le successive di questo editoriale è tratta da “Le rèvolte du merveilleux” (2016) – in italiano “La lente delle meraviglie” - film-documentario di Clementine Deroudille e con, oltre Clementine Deroudille, Eric Caravaca, Sabine Azèma, Quentin Bajac, Jean Claude Carriere.

[2] La ‘Fotografia umanista’ nasce negli anni ’30 con Henry Cartier-Bresson (1908-2004) : “l’oggetto della foto è l’uomo, l’uomo e la sua vita così breve, così fragile, così minacciata…” Diventa però un fenomeno sociale e pubblico solo nel 1950, appena finita la 2° Guerra mondiale con “Le Baiser de l’Hotel de Ville” di Robert Doisneau, pubblicata senza rumore sul settimanale statunitense “Life”, a cui Doisneau già collabora : proprio questa fotografia anzi, diventerà il Manifesto di una nuova tendenza. Doisneau acquisterà fama presso il grande pubblico con la Mostra realizzata a New York nel 1955, “The Family of Man” e curata da Edward Steichen.

 

Stephen Hawking [1] : io, tu e l'universo.

Nella illustrazione, Stephen Hawking durante una esercitazione in assenza di gravità nel 2007 presso lo 'Shuttle Landing Facility', NASA – Aereoporto 'J.F.Kennedy Space Center' (Florida).

 

 

 

 

 

"Ho avuto la sclerosi laterale amiotrofica praticamente per tutta la mia vita adulta; eppure essa non mi ha impedito di avere una famiglia fantastica e di avere successo nel mio lavoro, grazie all'aiuto che ho ricevuto da mia moglie, dai miei figli e da un gran numero di altre persone ed organizzazioni.

Non mi considero escluso da una vita normale... non mi sento un handicappato, ma penso di essere affetto solo da certe malfunzioni dei miei motoneuroni, un po' come se fossi daltonico. Penso che sia difficile descrivere la mia vita come normale, ma io mi sento normale..."[2] 

La pubblicazione nel 1988 del suo "Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo" rimase in vetta alla classifica dei libri più venduti per 237 settimane, come fu riportato anche dal 'Sunday Times' di Londra : ciò sorprese specialmente Stephen Hawking, e non solo perchè l'argomento del libro era la sua stessa passione scientifica. 

"Lo spazio-tempo era un argomento che mi incuriosiva, pensavo si trattasse di un 'Fantasy'[3] e così ho aperto subito quel capitolo : ma cominciando a leggere, mi sono accorta che Hawking – al contrario di alcuni commenti che lo descrivevano un tipo rigoroso, accademico - chiedeva invece di osservare fenomeni reali che anch'io conoscevo, usando competenze iniziali abbastanza vicine alle mie... Suggeriva anche un po' di flessibilità nel pensare lo spazio-tempo, per esempio un tessuto su cui lavorare... Penso di poterne consigliare la lettura un po' a tutti, per la sua capacità di spiegare con chiarezza informazioni scientifiche complesse nel contesto storico, ma anche contemporaneo, con esempi interessanti e per punti, cioè schematicamente..."[4] 

"L'immaginazione è un lavoro – osserva Hawking - che si confronta con l'osservazione, per esempio della 'regolarità' di un evento... Osservando le eclissi di luna, Aristotele capì la interposizione di sole e luna...[5]

La scrittura permetteva di rilevare dati che altrimenti sarebbero stati dimenticati : i primi scienziati cominciarono a scrivere per poter registrare lo spostamento delle luci nel cielo.

Inoltre, avanzando delle ipotesi per esempio sulla esistenza di una forza di attrazione fra i pianeti, il lavoro di alcuni scienziati si presentava una eredità affidabile a cui appoggiarsi : Hawking scopre così che il suo spontaneo narcisismo sarebbe invece un ostacolo al successo scientifico che arriva già a sperimentare. 

"Questo sintetizzatore vocale[6] è di gran lunga il migliore che abbia udito, perchè permette di variare l'intonazione e non parla come un robot. L'unica cosa sgradevole è che mi dà un accento americano. Ora, comunque mi sono identificato con questa voce, e non vorrei cambiarla neppure se mi venisse offerta una voce dalla cadenza britannica. Mi sentirei come un'altra persona... Il mio figlio più piccolo che, quando subii la tracheotomia aveva solo sei anni, non riusciva mai a capirmi. Ora non ha nessuna difficoltà. Questa è una cosa molto importante per me...

Nel mio lavoro trovo che sia un grande aiuto il descrivere ad altri le mie idee. Anche se non mi danno dei suggerimenti, il semplice fatto di dover organizzare i miei pensieri in modo da poterli spiegare ad altri mi conduce spesso a nuovi passi avanti... La fisica è bellissima, ma è del tutto fredda, non potrei sopportare la mia vita se avessi solo la fisica..."[7] 

"...Semplice nel modo di fare, penso che Hawking anche per questo riuscisse a sorprendere chi si aspettava da lui uno scienziato difficile...", aggiunge Michela Membretti. 

"Voglio solo avere sulla mia vita lo stesso grado di controllo che altre persone hanno sulla propria... Troppo spesso accade che le persone disabili debbano lasciare che la propria vita venga governata da altri. Nessuna persona sana lo permetterebbe."[8] 

"Da un'atteggiamento inizialmente religioso degli uomini primitivi che non osavano guardare il cielo, Hawking segnala una graduale confidenza dei primi scienziati : si accorgevano che il sole sorgeva comunque ogni giorno, indipendentemente da riti o sacrifici, e questo aumentava la fiducia nella propria attività di studio e di osservazione... ", commenta Michela Membretti.

"Hawking scrive in modo semplice, chiaro, equilibrato : eppure è evidente la sua simpatia per Galileo Galilei il quale, nonostante i risultati scientifici di cui era certo, obbedì alla Chiesa che gli chiedeva di interrompere gli esperimenti. Ma anzitutto Hawking esprime simpatia per Albert Einstein, di cui si ritiene un po' erede perchè nel 1935 Einstein avanzò, insieme a Nathan Rosen la ipotesi dei tunnel spazio-temporali, precorritrice della scoperta dei 'buchi neri' e della successiva 'radiazione di Stephen Hawking'". 

"Oggi sappiamo che la relatività generale e la meccanica quantistica sono in contraddizione fra loro... "[9]

"Chiunque legga romanzi di fantascienza sa che cosa succede a chi va a finire in un buco nero : si viene trasformati in polpette. Ma la cosa più interessante è che i buchi neri non sono completamente neri. Essi emettono particelle e radiazioni ad un ritmo costante. In conseguenza di quest'emissione un buco nero evapora lentamente, ma non si sa ancora che cosa accada infine ad esso e a ciò che contiene..."[10]

"La storia passata non può essere cambiata e storie alternative non sono possibili... Le leggi della fisica impediscono che corpi macroscopici portino informazioni nel passato... Lo studio della gravità e dell'universo primordiale sono la strada migliore verso la possibilità di una teoria unificata..."[11]

"Tutto ciò che la mia opera ha dimostrato è che non si deve dire che il modo in cui l'universo ha avuto inizio sia stato un capriccio personale di Dio..."[12] 

La pedagogia, insomma che tenta di spiegare ciò che non sarebbe evidente non è servita a Dio.

 

 

                                                            Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 11 luglio 2019

 

 

 

[1]Stephen Hawking  (1942-2018) è stato un cosmologo, fisico, matematico, astrofisico ed accademico britannico fra i più autorevoli e conosciuti, noto per i suoi studi sui buchi neri e sull'origine dell'universo. Suoi principali contributi sono stati la 'radiazione di Hawking', la teoria cosmologica denominata 'stato di Hartle-Hawking', 'il multiverso', la 'inflazione cosmica', la 'formazione ed evoluzione galattica'.

[2]Stephen Hawking, "Buchi neri ed universi neonati", 1993 - Ed. Rizzoli BUR, tratto dall'Intervista 25 dicembre 1992 / BBC per il programma 'Desert Island Discs'.

[3]'Fantasy' è un genere ampio in letteratura con intrecci variegati fra realtà e fantasia; include anche autori ormai considerati classici, come J.R.R Tolkien de 'Il signore degli anelli'.

[4]Michela Membretti è laureata in Farmacia e lavora in azienda : da un suo suggerimento a leggere Hawking è nato questo articolo.

[5]Tratto da "La grande storia del tempo", Stephen Hawking con Leonard Mlodinow – Ed. Rizzoli 2005

[6]'Sintesi vocale' è una tecnica per la riproduzione artificiale della voce umana : un sintetizzatore vocale può essere realizzato tramite software o via hardware.

[7]Tratto dalla Intervista 25 dicembre 1992 / BBC, programma 'Desert Island Discs', citata.

[8]Tratto dalla Intervista 25 dicembre 1992 / BBC, programma 'Desert Island Discs', citata.

[9]Tratto da "La grande storia del tempo", Stephen Hawking con Leonard Mlodinow – Ed. Rizzoli 2005.

[10]Tratto dalla Intervista 25 dicembre 1992 / BBC, programma 'Desert Island Discs', citata.

[11]Tratto da "La grande storia del tempo", Stephen Hawking con Leonard Mlodinow – Ed. Rizzoli 2005.

[12]Tratto dalla Intervista 25 dicembre 1992 / BBC, programma 'Desert Island Discs', citata.

 

Sotto dEttatura.

You tube:

 Il soprano Carmela Remigio interpreta “’A vucchella”.

 

 

 

 

 

 

 

Una romanza gradevolissima e nota, più spesso cantata da celebri tenori1, mi è giunta invece dalla bella voce e splendida presenza di una giovane soprano il cui talento inizia finalmente ad essere acclamato. Si tratta di " 'A vucchella", nell'interpretazione di Carmela Remigio2

L'origine di questa elegante serenata mi ha incuriosito, anche perchè l'autore non sembra essersene servito quanto l'antagonista che gliela estorse. Risale infatti al 1892 una sfida che Ferdinando Russo, giornalista per "Il Mattino" di Napoli porse al giovane collega Gabriele D'Annunzio, di origine abruzzese, imputandolo di non conoscere la lingua napoletana. 

Possiamo immaginare il focoso Poeta accettare con veemenza e, da ciò che ancora si conserva nell'archivio del centralissimo e tuttora rinomato 'Caffè Gambrinus' nei cui salotti non era infrequente il diverbio fra letterati e colti, prendere a scrivere di getto quei versi deliziosi di cui ancora godiamo. Ma, nonostante la promessa di silenzio fatta a D'Annunzio che temeva per la sua reputazione, il Russo vendette circa quindici anni dopo quelle strofe che furono quindi musicate dal fine autore Francesco Paolo Tosti, anch'egli di origine abruzzese e che presto si diffusero con molto gradimento. 

Ho pensato a Jacques Lacan, psicoanalista francese3 che si appassionò a Freud, già noto in quegli anni ben oltre i confini di Vienna, ed a quel lavoro d'inconscio su cui invece molti contemporanei gettavano ombre invidiose. La tecnica di Lacan nel lavoro analitico rimane tuttora un 'must' per gli psicoanalisti e la sua inaudita competenza fu rivelata dal Seminaire 'La cosa freudiana'4, in cui egli indicava 'l'inaccessibile' quale lemma riferito dai pazienti nel lavoro analitico ed attorno al quale si svolge la difficoltà stessa di un lavoro. 

"Così, le funzioni di padronanza, ...instaurano sul fondamento di una alienazione libidica lo sviluppo che ne segue..."- dice Lacan nel testo e aggiunge : "L'identificazione dell'io con l'altro precipitata nel soggetto, ha come effetto che questa ripartizione non costituisce mai un'armonia, sia pure cinetica, ma si istituisce sull' 'o te o me' permanente di una guerra in cui ne va dell'esistenza dell'uno o dell'altro..."5 

"Tuttavia è in questo registro che si proferisce l'analisi sistematica della difesa. Essa si corrobora coi sembianti della regressione. La relazione oggettuale ne fornisce le apparenze, e questa forzatura non ha altra via di uscita che una delle tre che si svelano nella tecnica in vigore. O il salto impulsivo nel reale... O l'ipomania transitoria per eiezione dell'oggetto stesso... O in quella sorta di somatizzazione che è l'ipocondria 'a minima'..."6 

Restando nella nevrosi insomma, senza lavorarci, al paziente non resta che accettare supinamente quell'alternanza rigida così finemente dettagliata da Lacan. 

D'Annunzio quindi, mentre rapidamente costruiva questa incantevole canzone, sottostava pazientemente alle leggi dell' Es7 che gli dettava senza alternativa, come in una guerra "o te o me", le parole che dovevano sfuggire alla Coscienza, ammaliata dal loro suono evocativo. 

Un desiderio – quello di passare lui stesso ad oggetto di godibile corteggiamento – che il Poeta Guerriero, amante si dice inarrestabile quanto pilota solerte sugli aerei da combattimento,8 mai avrebbe rivelato se non in una tale odiosa condizione. 

Il lavoro onirico, si sa, nutre anche l'arte - e non solo poetica - ma nulla lo obbliga se non il desiderio.

 

Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 16 maggio 2019. 

 

 

 

 

1 Enrico Caruso, Roberto Murolo, Luciano Pavarotti sono i più noti, e non gli unici.

 

2 Carmela Remigio è un soprano italiano. Nel 2016 ha ricevuto il prestigioso "Premio Franco Abbiati della critica musicale italiana". " 'A vucchella" fa parte del suo album "Arias" (2010).

 

3 Jacques Lacan (1901-1981), medico psichiatra e psicoanalista, fonda nel 1953 con Daniel Lagache la Societè Francaise de Psychanalyse ed inizia nello stesso anno quel 'Seminaire' che darà nome ad una famosa serie di pubblicazioni.

 

4 'La cosa freudiana. Senso del ritorno a Freud in psicoanalisi'/ Amplificazione di una Conferenza pronunciata alla Clinica neuropsichiatrica di Vienna, il 7 novembre 1955. In "Ecrìts", traduzione a cura di Giacomo B.Contri, Ed. Einaudi 2002 – Vol.I, pag.391-428.

 

5 'La cosa freudiana' in "Ecrìts", traduzione a cura di Giacomo B.Contri, Ed. Einaudi, Vol.I p.420

 

6 ''La cosa freudiana' in "Ecrìts", traduzione a cura di Giacomo B.Contri, Ed. Einaudi, Vol.I pag. 421

 

7 Es , che non coincide con l'inconscio, si contrappone al Super-Io : Freud ne parla ad esempio in "L'Io e l'Es" (1923), Biblioteca Bollati Boringhieri.

 

8 Gabriele D'Annunzio (1863-1938) fu scrittore, poeta, giornalista, militare e politico italiano simbolo del Decadentismo. Nel corso della I Guerra mondiale, a 52 anni ottenne di partecipare ad azioni navali ed aeree e successivamente guidò l'occupazione della città di Fiume che non era stata assegnata all'Italia (1919-1921). Nonostante fosse fra i primi firmatari, con Filippo Tommaso Marinetti, del 'Manifesto degli intellettuali fascisti' non prese mai la tessera del Partito Nazionale Fascista.

 

Affidabilità: la logica imprevedibile del pensiero.

<Nell'illustrazione, la miniatura medievale di un capolettera 'M'. Il capolettera è la consonante, o vocale della prima parola della prima riga di un testo : nei manoscritti miniati di epoca medievale, il capolettera era di dimensioni maggiori rispetto alle consonanti e vocali seguenti, e veniva decorato con disegni particolari dagli amanuensi>

 

Leggendo un articolo di approfondimento (1) ho pensato con un certo sollievo che il 'comportamentismo' che governa le tradizionali ma oramai obsolete 'Teorie dei giochi', sta finalmente cominciando ad occuparsi delle scelte di politica economica di una Nazione, o gruppo di Nazioni, in quanto capaci di orientare l'opinione pubblica e dunque le scelte di investimento, di risparmio e di consumo anche individuali.

La fragilità del 'comportamentismo' che, con le 'Teorie dei giochi' de-imputa l'individuo e la comunità riguardo alle scelte economiche, da individuali ad aggregate, si è resa evidente nella difficoltà di prevedere il comportamento di soggetti via via sempre più preparati e competenti.

L'articolo che ho letto, segnala invece la criticità delle decisioni delle Banche centrali di una Nazione, o gruppo di Nazioni nell'orientare comportamenti che, sebbene collettivi, muovono comunque da scelte individuali sulla base delle informazioni ragionevolmente disponibili : è interessante sottolineare che, sebbene anche la Banca centrale di un Paese, o Nazione, sia un Istituto e dunque un organismo per il quale a vario titolo lavorano e si coordinano competenze differenti nell'ambito richiesto, è il Presidente della Banca centrale a rendersi imputabile di una specifica linea politica, in questo caso 'monetaria' nei confronti della comunità nazionale, ed anche sovranazionale, a cui si rivolge.
 
Gli autori della ricerca, i cui risultati in termini di formulazioni matematiche vengono resi qui noti, prendono in considerazione la crisi valutaria di un singolo Paese in quanto sarebbe fortemente indotta dalle aspettative del pubblico – risparmiatori, consumatori, investitori di una Nazione – capace di leggere le scelte della Banca centrale, quindi del suo Presidente.
 
Una Nazione perciò, in cui improvvisamente le riserve di valuta estera si riducano perchè i titoli 'domestici' non sono giudicati sufficientemente remunerativi, può incorrere in una conseguenza anche più disastrosa decidendo, attraverso la sua Banca centrale, di avviare una svalutazione della propria moneta.
 
Uguale risultato può conseguire la decisione di svalutare, operata da una Banca centrale incapace di sostenere i costi economici e politici associati a più alti tassi di interesse che attraggano risparmiatori ed investitori.
 
In entrambi i casi, ciò che gioca un ruolo determinante è la struttura del mercato nazionale che può non essere semplice, ma al contrario attribuire valori specifici e differenti al tasso di interesse, tale per cui non sia facile prevedere le conseguenze di una svalutazione 'tecnica'.
 
La competenza dei singoli nei riguardi dei fondamentali (2) di un Paese può quindi vanificare una politica semplicistica, e conseguentemente astratta, perchè non fornisce le ragioni – per esempio di una effettiva concomitanza e concorrenza di condizioni nazionali e sovranazionali che possono realisticamente precedere una crisi valutaria.
 
In condizioni di competenza, un segnale minimo come la variazione del tasso di interesse nazionale può già contribuire ad aumentare convenientemente la competenza stessa e magari anche la condivisione sociale e politica.
 
In effetti il pensiero individuale si muove ragionevolmente per affidabilità, grazie a cui ognuno può imputare convenientemente e pacificamente la propria soddisfazione, o insoddisfazione. Niente a che vedere con l'ingenuo e rischioso 'comportamentismo' che detta pericolosamente : 'ad-azione-reazione'.
 
Ma è la logica freudiana, tutto un altro mondo.


Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 13 marzo 2019

 

 

(1) Self-fulfilling currency crises : the role of interest rates', di Christian Hellwig/Università Los Angeles-CA, Arijit Mukherji/Università del Minnesota, Aleh Tsyvinski/Università di Harvard, Cambridge-MA e 'National Bureau of Economic Research' è frutto del dibattito scientifico in corso sulla prevedibilità degli eventi economici nella globalizzazione, che per la prima volta ha visto nel 2005 anche la partecipazione degli economisti tedeschi (Budapest, 'Society for Economic Dynamics', Annual meeting).


(2) Per 'fondamentali' di una Nazione si intendono ad esempio comunemente : il saldo della Bilancia commerciale, il valore del Bilancio pubblico aggregato, il tasso di crescita degli investimenti.

Save
Cookies user preferences
We use cookies to ensure you to get the best experience on our website. If you decline the use of cookies, this website may not function as expected.
Accept all
Decline all
Analytics
Tools used to analyze the data to measure the effectiveness of a website and to understand how it works.
Google Analytics
Accept
Decline
Unknown
Unknown
Accept
Decline