Π pi greco... l’incorreggibile.
Descrivendo la costruzione del grande tempio di re Salomone[1] intorno al 950 a.C., la Bibbia lo riporta dandone un valore appena accurato, pari a 3 : ma è certo che fosse conosciuto già 5.000 anni fa perchè gli antichi egizi arrivarono con esso a tracciare e misurare il corso del Nilo le cui piene regolari e devastanti stravolgevano la geografia dei luoghi.
Eppure non fu mai nominato fino al 1706 quando il matematico William Jones, stabilendone il valore pari a 3,14159 periodico, lo chiamò π – forse come iniziale di ‘perimetro’ che in greco antico suona περιμετρος - ed Eulero[2] adottò il simbolo nel 1737 che rapidamente si diffuse come standard.
Descritto fin dall’inizio come rapporto numerico, costante e misterioso tra la circonferenza ed il suo diametro, per decine di secoli π fu individuato da 22/7. Si può anzi dire anzi che la antichissima definizione di π – capace come si disse ‘di collegare la terra al cielo’ - segnò anche l’inizio della Geometria, scienza che non necessita di teorie apriori eppure coniuga efficacemente il calcolo astratto con la realtà vivibile. La questione critica dei confini – da sempre foriera di rischiose ostilità – con la scienza geometrica trovava finalmente soluzione, grazie alla misurazione di aree o solidi che potevano ben rappresentare Paesi e proprietà da difendere. Se la piena del Nilo, al suo ritrarsi aveva cambiato i connotati geografici, le misurazioni prese prima dell’evento restituivano la realtà e una pace sociale : ma quel rapporto che restava costante e non ‘finito’ e che coniugava ogni ansa del fiume, quindi semisferica, col suo diametro sorprendeva non poco gli increduli tecnici dell’antico Egitto.
Di più : essi trasalirono nel riferire ai superiori, e questi bisbigliando agli alti funzionari e fino al divino Faraone, perché in quel misterioso rapporto qualunque sequenza di numeri era compresa, qualunque simulazione di formule anche complesse, e senza offrirne spiegazione…
La realtà era incredibilmente di un divino calato fra gli umani e rimasto nascosto, pur essendo presente chissà da quanto tempo e in quali altre forme, incomprensibile ma rappresentabile, dunque mistero e tesoro che la Civiltà dei Faraoni seppe invero ben centellinare nei secoli, garantendosi altresì sottomissione e impero.
Ma nel 1906 il ritrovamento di una pagina illuminò finalmente sui traguardi raggiunti usando la legge della leva per calcolare aree, volumi e centri di gravità : era la ‘Lettera sul metodo’[3] che Archimede[4] di Siracusa, scienziato raro ma devoto al monarca e tiranno Gerone II[5] che di lui non poteva fare a meno, aveva scritto ad Eratostene[6] di Alessandria d’Egitto, dirigente della ricchissima Biblioteca nella quale lo stesso Archimede aveva studiato, grazie alla sovvenzione di Gerone.
Gli studi in Egitto avevano infatti permesso ad Archimede[7] di attingere ad analisi, dati e documenti forse antichissimi e certo preziosi che gli aprivano la strada ad un nuovo metodo, quello di dimostrare la teoria mediante enti meccanici : percorrere una spirale, per esempio permetteva di misurarne il perimetro, assai prossimo ad una circonferenza, che in questo modo si collegava ad una qualsiasi linea curva e persino alla linea retta che della curva costituisce un caso particolare. Ed il punto stesso, allora ? Provatevi a misurarlo senza almeno immaginare di poterlo ingrandire.
Stupisce tuttora infatti che Archimede non potesse avvantaggiarsi di informazioni algebriche o trigonometriche, perché egli derivò tutti i suoi risultati da mezzi esclusivamente geometrici, quindi superfici e solidi, che gli consentirono però di approdare a tesi conclusive fondanti il ‘calcolo infinitesimale’ ed il ‘limite’ : la circonferenza era sì formata da infiniti punti tutti equidistanti da un unico centro, ma essa poteva essere assimilata ad un numero sempre crescente di poligoni con lati uguali, cioè regolarissimi ed in numero crescente, essi stessi sovrapponibili alla circonferenza che risultava così misurabile e non più misteriosa.
La scientificità provata del moto diventava preferibile alla immobilità incomprensibile ed irrelata del teorico, e divino, apriori.
Si può dire che π sia riuscito a dividere il suo pubblico fra teorici agguerriti che continuamente segnalano questioni tuttora aperte e fruitori semplicemente grati del servizio offerto da questo umile valore.
Sarà così che si governa ?
Marina Bilotta Membretti, domenica 31 maggio 2020
<Rifer. Illustr.: 0_5471623_125008.jpg>
[1] J.J.O’Connor / Honorary Senior Lecturer in‘Computational Algebra’ e E.F.Robertson / Professor Emeritus of Mathematics presso ‘School of Mathematics and Statistics’ - University of St. Andrews (Scotland) sono gli autori di ‘A history of Pi’ / Agosto 2001 e citano un versetto della Bibbia presente sia in ‘Libro I Re 7, 23’ che in ‘Libro II Cronache 4, 2’.
[2] Leonhard Euler (1707 Basilea, Svizzera – 1783 San Pietroburgo, Russia), matematico e fisico più spesso noto semplicemente come Eulero.
[3] La pagina fu inizialmente denominata ‘Il metodo di Archimede dei teoremi meccanici, a Eratostene’ dallo studioso Heiberg che la ritrovò ad Istanbul, mescolata ad altre carte : la lettera è anche Premessa al Trattato di Archimede ‘Sulle spirali’.
[4] Archimede ( 287 a.C. – 212 a.C.) nacque e morì a Siracusa, in Sicilia ma a lungo soggiornò ad Alessandria d’Egitto per completare ed affinare i suoi studi
[5] Anch’egli siracusano (308 a.C. – 215 a.C.) Gerone s’impadronì del potere con l’appoggio delle classi popolari ma senza stravolgere leggi ed istituzioni preesistenti : pertanto il ‘tiranno’ in una città-stato come Siracusa, fondata da ex coloni greci veniva accettato, nella Grecia del VII e VI secolo a.C., anche dalle autorità di Atene.
[6] Eratostene di Cirene (Cirene, 276 a.C. – Alessandria d’Egitto, 194 a.C.) fu matematico e geografo insigne e nominato Bibliotecario della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, la più importante biblioteca dell’epoca antica.
[7] Vorrei citare la interessante Mostra 2019-2020 ‘Archimede a Siracusa’ con le macchine di Archimede ricostruite in legno ‘da toccare’ e applauditissime, presso la ‘Galleria Civica Montevergini’ a Siracusa-Ortigia, curata da Giovanni Di Pasquale con la consulenza scientifica di G.Voza e C.P.Voza.