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Auguste Rodin : elogio dell'invidia ??

 

 

C'è un affresco a Villa Maser (1) presso Treviso, in cui l'avarizia è rappresentata da un uomo vecchio e spoglio, con un vago ghigno, che agita una grossa chiave verso la giovane donna bionda che rappresenta la generosità, ben al di sopra di lui e protagonista della scena : la donna porta un fascio di spighe di grano maturo. Fra i due è chiaro che non vi è alcun legame, sebbene lui tenda a lei ma quasi disperatamente per farsi sentire. Lei probabilmente lo sente, ma non lo cerca.

Visitando la bella Mostra su Auguste Rodin (2) a Treviso, curata da Marco Goldin che ha offerto al pubblico le opere di un Maestro finora ospitato solo in Francia, Paese natale, ho pensato che alcune piccole statue, ben illuminate e poste ma non centrali, o forse persino ritenute oscure nella produzione di Rodin, svelassero invece il pensiero dell'artista, e con una precisione descrittiva che le grandi statue presentate all'ingresso e al centro della Mostra, ormai rappresentative del suo lavoro presso il grande pubblico, non avevano (3).


Queste due piccole statue sono : "Je suis belle", di cui pare esista più di un soggetto, e "Fugit amor"(4) : pur essendo entrambe di piccola dimensione, sono anche elaboratissime come spero si comprenda dalla illustrazione che ho scelto per questo post. A differenza di alcuni ritratti commissionatigli (5), queste due sculture rivelano un impegno dell'autore, sincero appassionato ma offuscato dalla disperazione.

In "Je suis belle", la figura indifesa e nuda di un uomo si slancia in avanti tenendo sollevata in aria una giovane donna raccolta in posizione fetale, che sfugge però il bacio di lui. Un soggetto dunque davvero insolito, specie per l'epoca in cui visse Rodin che si nutrì di quella vitale esplosione della pittura impressionista, aperta alla esperienza dirompente verso la tradizione ed entusiasta di un lavoro 'en plein air' e fra la gente, antitetica all'eroismo solitario, generoso ed insoddisfatto, della letteratura romantica (6).


Rodin usa dell'entusiasmo impressionista per scivolare all'indietro nella illusione romantica, rinunciando ad una soluzione nuova nella quale invece si impegnarono Matisse prima, e Picasso (7) poi.


E' un uomo sazio di virilità, questo di "Je suis belle", che guarda di traverso alla donna-feto che lo sfugge, così raccolta ed esibita appena al di sopra dell'addome di lui : vessillo di un Potere presunto che all'uomo non è dato, tentandolo all'invidia che dall'avarizia è generata ?
La rappresentazione è verosimile di una difesa tanto impetuosa quanto ingenua dell'autonomia sessuale, fallica e romantica, condannata all'impotenza dal semplice rifiuto di lei che allontana il viso dal viso di lui.


Tutta la produzione di Rodin ruota attorno ad un pensiero impegnato, anche ossessivamente, dalla creazione (8) e però anche dall'umano possesso che con la Creazione biblica nulla ha a che fare, poichè Dio crea l'uomo libero di produrre il suo destino.


Rodin invece teme di perdere ciò che crea, la sua stessa biografia dice di una umanità avida e poco disponibile a lasciarsi ereditare : suo tema ricorrente sono le mani, plasmanti sì ma anche invadenti, possessive, invidiose dell'altrui.


Come in questa "Je suis belle", che titola bene il pensiero dell'autore nei confronti della donna che lo allontana, lasciando l'uomo inerme alle sue passioni. Un pensiero malinconico ed invidioso che Rodin ripropone in "Fugit amor" dove i due amanti, simili a sirene fluttuanti nel mare, si sfuggono reciprocamente – lei sempre più avanti di lui - in un concepire il pensiero amoroso altresì dannato, mortifero, insensatamente desiderato.


Nella sua malinconia, Rodin invidia quella presunta autonomia sessuale che la donna troverebbe nella maternità, luogo esclusivo ed agognato di una soddisfazione che la Natura nega all'uomo.


Sorprende la presa emotiva che Rodin mantiene sul pubblico contemporaneo, sebbene iperconnesso, algoritmico e digitalmente còlto, ma che pure testimonia la tenuta di una resistenza al giudizio che continua a diffondere ingenuità, e facile invidia.


Privilegiando l'emozione che rimuove il giudizio, infatti, Rodin 'fa fuori' qualunque soluzione, umana e possibile.


Che Henri Matisse invece, e poco dopo Picasso arrivarono a proporre con profitto.

 

 

                                                              Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 28 maggio 2018

 


(1) Villa Maser, presso Treviso, è opera di Andrea Palladio (1508 - 1580), architetto e scenografo apprezzato del Rinascimento e ritenuto una delle personalità più influenti nella storia dell'architettura occidentale.
(2) La Mostra (24 febbraio – 3 giugno 2018) che conclude le celebrazioni per il centenario della morte di Auguste Rodin (1840-1917) è stata promossa dal Comune di Treviso, da Marco Goldin e da "Linea d'ombra", che l'ha anche prodotta ed organizzata, con un pregevole allestimento presso il Museo Santa Caterina.
(3) "La Cattedrale" (1908), "Adamo ed Eva" (1881), "Il pensatore" (1880), "Il bacio" (1882).
(4) "Je suis belle" (1882), "Fugit amor" (1887).
(5) "Madame Vicuna" (1884) ed altri ritratti commissionati a Rodin, restano opere timide, vagamente celebrative.
(6) Ugo Foscolo (1778-1827) in Italia, J.W. Von Goethe (1749-1832) in Germania, V.Hugo ((1802-1885) in Francia.
(7) H.E.B.Matisse (1869-1954); P.Picasso (1881-1973)
(8) "La Cattedrale" (1908) è rappresentata da due enormi mani accostate in modo singolare, a costiituire un luogo che accoglie e protegge.




'Madonna dell'alleanza', un inedito Giotto.

 

 

 

Un inedito Giotto mi si è presentato il pomeriggio di domenica 4 novembre, mentre ero in viaggio intorno a Firenze : una giovane bibliotecaria di Vespignano, paese natale di Giotto, ci aveva segnalato l'opera, ampio frammento di una 'Maestà' del 1290 presso la Pieve cittadina di Borgo San Lorenzo, a circa 30 chilometri da Firenze.

La chiesa bellissima, antica, semplice : entrando, dopo pochi passi questo pannello è bene in vista, sobriamente incorniciato sulla colonna destra, prima dell'abside. Lo sguardo di Maria è rivolto al visitatore, ma con una serietà inconsueta, richiamante, ed un messaggio per nulla intimorito degli anni che ci separano : dopo un lungo prezioso restauro, recentemente è stata attribuita senza incertezze a Giotto (1), allora poco più che ventenne.


Maria si lascia prendere l'indice dal bambino che con l'altra mano le accarezza il viso, ma lo sguardo di lei è rivolto allo spettatore e difende il coniugio – quel nesso individuale che il pensiero di un bambino imputa senza incertezze all'amore, in quanto amore coniugale. Anzi, da quella prima imputazione resterà per ognuno riferimento imprenscidibile, benchè corruttibile, di ogni sua successiva meta e traguardo : da non deridere, quindi nè banalizzare(2).


Si tratta dunque, anche formalmente di un'alleanza e che, proprio inizialmente non guarda tanto alla differenza di sesso quanto alla differenza di posizione dei 'sessi' : vale insomma anche per la figlia bambina verso la donna, è desiderio soddisfatto e ripetibile della figlia neonata verso la madre, in quanto 'altra' desiderata rispetto al proprio corpo.


Molto diversa dalle figure femminili a cui Giotto ci aveva abituato – per esempio a Padova nella 'Cappella degli Scrovegni', tratteggiando doviziosamente il moto anche drammatico e le belle fattezze di Maria, Anna, Elisabetta – questa 'Madonna' invece ha tratti severi e sguardo virile, penetrante : lontanissima dalle ieratiche icone bizantine, ma anche dalle emergenti gentildonne cittadine...


Quale può essere stato allora, qui, il pensiero di Giotto che mostra di conoscere bene il desiderio di un bambino, e la minaccia sociale del suo oltraggio?
Passa attraverso la donna questa minaccia, sembra rispondere la competenza sapiente di Giotto, e la generazione di un figlio si fa perciò anello cruciale fra il nesso individuale segnalato dal bambino e la capacità di elaborazione dell'adulto, che è già anche adulto nella società.


In questa 'Maestà' non può che essere Maria, eppure Giotto ammette qui che la soluzione di una tale donna fra i suoi contemporanei era ancora impensabile : una donna, infatti, capace di non ammettere quella 'mancanza' femminile che la Cultura stessa soffiava contro di lui.


Temeva di essere frainteso, Giotto esponendo il suo pensiero ed il suo sgomento ? Non erano i tempi, si disse forse Giotto e scelse di difendere sapientemente Maria : ma con lei, seppe difendere la sua stessa opera.


L'ho chiamata quindi 'Madonna dell'alleanza', forse ripensando ad un'altra 'madonna' che avevo osservato a lungo a Firenze, al 'Museo degli Uffizi', ed era la 'Madonna col Bambino e angeli', del 1465 di Filippo Lippi : deliziosa sì, ma ingenua nell'esporsi alla insolente derisione altrui.

 

                                                                             Marina Bilotta Membretti, Cernusco sul Naviglio 4 novembre 2018

 

 


(1) Giotto di Bondone, più semplicemente Giotto forse diminutivo di un nome originale più lungo, nacque a Vespignano, vicino Firenze, nel 1267 circa e morì a Firenze nel 1337. Di lui scrisse il pittore Cennino Cennini (1370-1427) autore del 'Libro dell'Arte' : "Rimutò l'arte di greco in latino e tradusse al moderno" riferendosi al superamento indiscutibile di Giotto degli schemi bizantini ed alla sua introduzione di spazio, volume e colore, valori fondanti del successivo 'Umanesimo'.


(2) In "Ereditare da un bambino. Perchè no ?", Marina Bilotta Membretti 2014 Isbn 978-88-91081-63-6




'Il bacio' di Picasso : outismo, oppure...?

'Il bacio' di Picasso1 : outismo2, oppure...?

 

 

 

 

 

'Il bacio' accoglie il visitatore con una veemenza calcolata, aggressione programmata ad effetto in cui deve prevalere il vitreo del bianco e l'animalesco degli occhi spalancati, il rilievo palpabile quasi dei confini netti, il gesto concitato e irrefrenabile, i colori stridenti : un effetto ipnotico che ha incantato, fino ad oggi, mezzo secolo di estimatori in tutto il mondo.

Nel 19693 quindi, la passione per Picasso era già una questione di traguardo e di supremazia, una corrida fra due tori e nessun umano, la visione allucinata di un bambino traumatizzato che urla e tiene a distanza. E' un quadro infatti che non avvicina e chi lo fa, arretra quasi subito scusandosi : "Da lontano si comprende meglio..."

Picasso qui aveva già 88 anni, essendo nato a Malaga, in Spagna, nel 1881 : morirà a Mougins, in Francia, pochi anni dopo, l'8 aprile 1973.

Quanto tempo, e quanto pensiero separano questo quadro da 'Maternità' del 1905 ? Là era un autore commosso ma non incantato, partecipe anche se non protagonista e ritraeva la moglie con semplicità mentre lei allatta il loro primogenito : non è divina, nè divinizzata, nè divinizzato è il bambino. E' una donna in posa sì, ma senza enfasi, un piccolo anello all'anulare ed un fiore rosso fra i capelli scuri, i colori pacati e quotidiani. Fu il terrore della normalità ?

Brevissimo quel triennio 1905-1907 che Picasso apostrofò 'periodo rosa', in cui l'uomo allontanava il genio che il pubblico invece reclamava. "Quando un uomo guarda dormire una donna, cerca di capire..."

Un periodo, quello fra il 1905 ed il 1907, il più breve del suo lunghissimo lavoro che virò presto verso il Cubismo promosso da Georges Braque, che Picasso userà per esasperare a oltranza la sua impazienza per la vita. 'Maternità' non compare in questa Mostra, sebbene intitolata 'Metamorfosi' quali effettivamente si susseguirono una dietro l'altra nella produzione di un uomo ebbro di successo, e disperato all'idea di allontanarsene.

Fra 'Maternità' e 'Il bacio' c'è 'Minotauromachia' del 1935, presente invece alla Mostra di Palazzo Reale : si tratta di una incisione calcografica all'acquaforte con poco bianco e molto nero, affollata di figure ed affannata, che quasi se ne avverte il respiro rauco e lo sfuggire della vita, e la bambina che porge un mazzo di fiori non è speranza sufficiente. Come mai tanto buio ?

Picasso già godeva i frutti abbondanti di un successo planetario. "Quando amo una donna, lacrima tutto specialmente la mia anima..."

Capace di una effettiva rivoluzione che gli permise, grazie anche alla scelta di un linguaggio nuovo, di de-strutturare la realtà Picasso riuscì però a proporne una 'sua' ricostruzione integrale che non rispettava le tradizioni ed esponeva l'umano come 'normale' contraddizione lacerante e vitale, non temendo di farsi leggere dal pubblico che lo acclamava con le sue esasperazioni, i suoi eccessi, le sue inibizioni, i suoi molti abbandoni. Sempre più coinvolto nel vortice che non avrebbe mai immaginato, emigrando giovanissimo dalla provinciale La Coruna, in Spagna per approdare a Parigi. "Occorre passare attraverso ciò che le persone vedono, la realtà. Strappare. Demolire le strutture..."

"... Le donne restano all'opposizione, in antitesi e persino nella maturità di Picasso, quando ormai lui è un artista affermato, è strano ma non c'è la donna-alleata... La donna resta guardata in tralice, con diffidenza, la donna in caduta... Forse era una difesa la sua, ma con quale sacrificio, con quale rinuncia ?"4

Le donne di Picasso cominciano con Maria Picasso y Lopez, la madre genovese da cui decide di prendere il cognome Picasso.

"Come ogni artista, sono anzitutto un pittore della donna... ma per me la donna è essenzialmente una macchina per soffrire..."

E poi la sorella bambina, al cui capezzale lui stesso bambino fa un voto da cui resta terrorizzato quando la sorella muore, ed il destino per lui cala come una ragnatela inesorabile, inestricabile : lui sarà minotauro per sempre.

"E' strano..." - confessa Picasso in una delle frasi trascritte che si possono leggere lungo il percorso della Mostra di Milano. "A Parigi non disegno mai fauni, centauri o eroi mitologici... E' come se essi vivessero solo qui in Spagna...!" A Parigi Picasso arrivò poco più che ventenne con pochissimi soldi e la responsabilità gravosa dei sogni della famiglia di origine, e di quella provincia spagnola che si lasciava alle spalle dove tutti si aspettavano qualcosa da lui e qualcosa di grande, veramente grande.

"Se tutte le tappe della mia vita potessero esser rappresentate come punti su una mappa e uniti con una linea, il risultato sarebbe la figura del Minotauro..."

Risale alla cultura Cicladica5  la sua commovente giustificazione per la passione amorosa che lo sostenne continuamente ed in cui altrettanto si rifugiava.

"Io prendo un vaso e di questo faccio una donna. Utilizzando la vecchia metafora, lo sfrutto in direzione opposta e le dò una nuova ragione di vita". L'uomo si riconosce salvatore della donna ma con uno sforzo che improvvisamente può trasformarlo in mostro, e giustificando la sua collera. "Il peggior nemico di un pittore è lo stile".

Cavaliere improbabile ed alato di una utopica Giustizia in 'La guerre et la paix' del 1952, Picasso si calava invece con gusto punitivo in quella maschera del mostro che lo teneva in gabbia. "Nella corrida mi identifico col toro..."

Ed il pensiero va subito all'ignoto 'toreador' della sua vita, da cui fino all'ultimo tentò di salvarsi : uomo, o donna mascherata da uomo ?

Ma via via, con crescente indifferenza e quasi eroico compiacimento la maschera del Minotauro sostituiva l'uomo che un Destino immobile ed eterno aveva raggiunto, per tentare di lavarne le colpe.

Le donne Cicladiche, lente ed enormi sono le compagne immaginarie del Minotauro, anch'esse servono il Destino, àncora cui aggrapparsi di fronte agli abbandoni inaspettati e dolorosi di un'anzianità odiata e trasgredita.

"Non c'è passato nè futuro in arte" – diceva Picasso. "Se un'opera d'arte non può vivere nel presente, non se ne deve assolutamente tener conto.."

 

 

                                                                                                                      Marina Bilotta Membretti, 2 maggio 2019

 

 

 

1'Metamorfosi', la Mostra su Pablo Picasso curata da Pascale Picard, direttrice dei Musei civici di Avignone si è tenuta al Palazzo Reale di Milano dal 18 ottobre 2018 al 17 febbraio 2019, e si inseriva nella rassegna triennale europea 'Picasso – Mediterranèe' promossa dal 'Musèe Picasso' di Parigi che ha anche prestato la quasi totalità delle opere presentate a Milano.

2'Outing' indica la confessione pubblica di un fatto o di un'esperienza personale, ma ormai si riferisce specificamente a dichiarare una omosessualità non risolta, a rischio pertanto di passare a 'ismo', ed in senso anche aggressivo.

3'Il bacio' di Picasso è del 1969.

4La domanda è scaturita durante la visita della Mostra : Federica Membretti è laureata in Economia e lavora come 'Data scientist'.

5VI-V secolo a.C. / A questa pittura viene accostata anche 'Donna seduta' del 1920, successiva all'exploit del Cubismo, che rappresenta la futura moglie di Picasso, Olga Khochlova.

 

 

"Benessere è...”

"Benessere e lavoro aziendale" – Conversazione presso Mondadori Store / Milano S.Babila, Via S.Pietro all'Orto 11 – 15 dicembre 2016.

A cura di Raffaella Dallarda.

 

"C'è il rischio che la psicoanalisi oggi diventi 'oggetto di fede' : condivido quanto ha recentemente segnalato[1] Giacomo B.Contri, fondatore nel 1994 con altri Colleghi di Studium Cartello – Il lavoro psicoanalitico e di cui io stessa sono Socio. E' infatti il risultato di un lavoro che eventualmente 'la' fa riconoscere.  

Lavoro è un lemma cruciale, perchè è 'sul lavoro' che emergono le patologie. D'altra parte il lavoro è anche indispensabile per curare le patologie stesse. Lavoro insomma è lavoro di giudizio e lavoro giuridico a tutti gli effetti 

Si tratta infatti di scegliere l'offerta, cioè il partner, più soddisfacente, ed anche investendo del proprio. Fin da bambini quindi si lavora : volentieri nella salute e con soddisfazione; malvolentieri e ritirandosi se non si è soddisfatti.  E approfitto del 50° della Rivista di Franco Angeli Editore, Psicoterapie che ha appena pubblicato un numero straordinario (ottobre 2016) con una intervista a sessantadue psicoanalisti su che cos'è la psicoanalisi oggi.

Mi sono soffermata su tre psicoanalisti che seguo : Giacomo Contri, traduttore degli Scritti di Jacques Lacan ed autore de Il pensiero di natura[2]; Antonio Di Ciaccia, psicoanalista lacaniano e traduttore degli Altri scritti[3] di Lacan; Massimo Recalcati, autore de Il complesso di Telemaco[4] e fondatore nel 2003 di Jonas Onlus / Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi. Alcune loro risposte mi sono sembrate vicine, anche se entrare nel discorso di ognuno, fatto di linguaggi molto diversi, non è stato facile. Ecco dunque. 

. Lavorare con un paziente arriva a cambiare lo psicoanalista stesso, addirittura la società nella quale i due vivono. 

2° C'è un pensiero individuale fatto di sogni, lapsus ed atti mancati a cui solo il paziente può accedere e che mette a tema il coniugio, di cui il complesso di Edipo è quello che resta oggi - le macerie diremmo - di un legame sociale che di fatto fonda tutti i successivi legami sociali. Vi sono psicoanalisti oggi che invocano un ritorno a Freud ed all'inconscio freudiano... A mio parere, davanti al ritorno del rimosso le psicoterapie effettivamente devono arrestarsi perchè possono intervenire sul sintomo - le crepe evidenti del pensiero – ma non possono intervenire su ciò che lo muove, che è l'economico non giudicato, ciò che la coscienza ha ibernato e che rischia, se non analizzato, di tornare improvvisamente aggressivo a danno del Soggetto stesso. Freud ne ha parlato dappertutto, ma lo ha anticipato in un saggio del 1919, il Perturbante, che è quel pensiero rimosso che torna ad aggredire il soggetto sotto forma anche di fobìe e con maggiore evidenza nei bambini.  

  Sta al paziente concludere sul proprio lavoro : non all'analista nè a nessun altro. Concludere che cosa ?  

Concludere che il pensiero individuale è la realtà esterna alla realtà esterna a sè[5], a cui ciascuno può accedere quando non omette nè sistematizza, quindi non censura, le 'rappresentanze' che il pensiero stesso gli suggerisce con una convenienza però che chiede di essere ogni volta giudicata. Niente a che fare quindi con le 'emozioni', le quali tuttavia introducono la 'rappresentanza' di un pensiero. Ritengo che il pensiero individuale sia efficace, capace cioè di mantenere l'orientamento del desiderio fino a soluzione soddisfacente.  

Sappiamo infatti che, fin dalla nascita l'inconscio connota nettamente la realtà, così nettamente che la memoria infantile – memoria di ciò che abbiamo giudicato e di chi abbiamo giudicato – resta salda negli anni. Il neurologo Oliver Sacks parla addirittura di 'sinestesia neonatale'[6] che al bambino permette inizialmente di attingere a tutte le sue facoltà contemporaneamente.  

La psicoanalisi è effettivamente un lavoro sulla memoria e sul lavoro giuridico della memoria nella patologia : patologia che è anche una souffrance[7] rivalutando il linguaggio interessantissimo di Jacques Lacan. Il paziente torna a valutare la convenienza di scelte fatte in passato, e la convenienza di assumere oggi che alla base dei propri atti ci sia una causalità giuridica e non naturale dalla quale egli si senta obbligato, ciò che chiamiamo il destino.  

E' stata proprio l'opportunità che la psicoanalisi offre rispetto alle psicoterapie, di poter ri-costituire producendo in proprio, che mi ha convinto ad investire in questa direzione..."

..................................................................................................................................<omissis > Cit. dal mio intervento.

 

 

 

 

 

[1] ‘Psicoterapie‘, Franco Angeli Editore – intervista rilasciata da Giacomo B. Contri sul numero straordinario del 50° (ottobre 2016).

[2] ‘Jacques Lacan, Scritti’ – a cura di Giacomo B. Contri, Voll. I e II / 2002 Biblioteca Einaudi; ‘Il pensiero di natura’’ – Giacomo B. Contri (2007, SIC Edizioni).

[3] ‘Jacques Lacan, Altri scritti’ – Antonio Di Ciaccia, 2013 Piccola Biblioteca Einaudi.

[4] ‘Il complesso di Telemaco’ – Massimo Recalcati (2013, Feltrinelli Editore)

[5] Elaboro l’affermazione di Giacomo Contri che ‘Il pensiero è la realtà esterna alla realtà esterna al corpo’ in ‘La Civiltà dell’appuntamento’, testo introduttivo al Simposio 2016-2017 organizzato da ‘Società Amici del Pensiero’.

[6] ‘Musicofilia’, Oliver Sacks (2009, Biblioteca Adelphi).

[7] ‘Seminario su La lettera rubata’, in ‘Jacques Lacan. Scritti’, a cura di Giacomo B. Contri Vol. I / 2002 Biblioteca Einaudi. Lacan nota che il termine ‘souffrance’ suona, solo nella lingua francese, con due differenti significati :‘sofferenza’ e ‘giacenza postale, in attesa di destinazione’

 

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